Il 2020 e l’arte, diciamolo, non sono andati proprio d’amore e d’accordo. Musei e luoghi di cultura chiusi, un sistema gestionale nazionale fragile e una quantità esagerata di proposte non sempre all’altezza possono essere definiti, forse, i tratti distintivi dell’anno appena trascorso.

La situazione della cultura nel 2020 ha costretto gli addetti ai lavori a fare i conti con la realtà dei fatti, mostrando ogni sua fragilità e debolezza. Non sono mancati, tuttavia, alcuni esempi di virtuosismo, sia nel primo lock down – sicuramente più complicato da gestire – sia in questa seconda ondata.

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Chiara Ferragni per Vogue HK ©Vogue Hong Kong

Scrivo queste parole proprio durante la sera dell’ultimo dell’anno, sul finire di un 2020 che ha sconvolto profondamente tutti e anche me. Ho militato nel mondo dell’arte da sempre, con associazioni, azioni collettive territoriali, nei teatri, nei musei. Poi, la svolta: il distacco da quell’ambiente mi ha donato occhi nuovi e la capacità di osservare dalla giusta distanza ciò che stava e sta accadendo.

Eccomi, dunque, a fare un po’ il punto su quanto tenere di questo 2020 del mondo dell’Arte in Italia.

La fruizione dell’arte ai tempi del coprifuoco

La chiusura degli spazi museali ha inevitabilmente messo al centro della questione il rapporto tra pubblico – opera – spazio. Una relazione inscindibile, fondamentale sia per realizzazione dei lavori, sia per i destinatari di quei lavori. Per quanto il web possa venire in aiuto non potrà mai essere un sostituivo di quella magia che si crea quando due anime si incontrano.

Molte sono state le mostre inaugurate e date vincenti, ma subito chiuse (Enzo Mari in Triennale a Milano, per esempio). Tra le “sopravvissute” a questo funesto 2020 Back to Nature. Arte Contemporanea a Villa Borghese è stata – forse – quella più scenografica e poetica.

“Un progetto espositivo inedito che riflette sul futuro e sulla necessità di costruire un nuovo rapporto con la natura, in questo complicato periodo di cambiamenti climatici e di pandemia”; una esposizione che ha ospitato, negli spazi esterni di Villa Borghese, opere inedite e non di importanti esponenti dell’arte contemporanea, come Mario Merz, Mimmo Paladino, Andreco, Davide Rivalta, Grazia Toderi, Edoardo Tresoldi, Nico Vascellari.

Un bell’incontro tra passato, presente e un nuovo sguardo verso il futuro.  

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Edoardo Tresoldi, Etherea (det.), “Back to Nature”, Villa Borghese, Roma, 2020, foto di Si-mond’Exéa

Ma se l’istituzione romana ha potuto avvalersi dei suoi spazi esterni per continuare a tenere vivo il rapporto con il suo pubblico, la maggior parte dei musei e degli spazi espositivi ha dovuto trovare strade alternative.

La rivincita della provincia

“Il sonno della ragione genera mostri”, disse Goya. A volte, anche un team gestionale fragile e un ufficio stampa traballante. Di scivoloni, nel 2020, se ne sono visti parecchi (il progetto di Vezzoli per il canale IG di Prada, ad esempio, è stato qualcosa di incomprensibile. Avanguardia? Mha…), ma qualcosa di buono ne è uscito: soprattutto dalla provincia.

La ventata d’aria fresca, in un clima di orrore e desolazione, è arrivata – e continua ad arrivare – da Bergamo. La città simbolo di questo 2020 ha dato prova di grande forza e ha presentato, attraverso GAMeC, il programma di divulgazione culturale migliore di tutto l’anno.

Durante il primo lock down, gli appuntamenti di Radio GAMeC, in diretta Instagram dal 22 marzo al 26 maggio 2020, hanno promosso informazione e approfondimenti tra cronaca, arte, letteratura e società. Ben organizzati e calendarizzati, della giusta durata: insomma un bell’esempio di comunicazione dell’arte e di dialogo costruttivo trasversale tra persone, prima ancora che tra addetti ai lavori.

Ciliegina sulla torta del programma, le varie “Saturday Night Live” con esponenti illustri dell’arte contemporanea alle prese con le dirette Instagram. L’ultimo dialogo del ciclo di incontri, il 23 maggio 2020, è stato, per intenderci con Elmgreen & Dragset, Jeremy Deller e Ragnar Kjartansson che ha chiuso la sua riflessione con l’immancabile Il cielo in una stanza di Gino Paoli perché “è una canzone che parla della trasformazione di uno spazio”, come a sottolineare, ancora una volta, che l’arte ha bisogno del corpo e dello spazio fisico per farsi e manifestarsi.

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Radio GAMeC PopUp 2020

Se non puoi andare al museo, il museo viene da te

In concomitanza con la mostra Ti Bergamo – Una comunità riparte, Radio GAMeC dal 17 ottobre si è trasformata in Radio GAMeC PopUp (in collaborazione con PopUp e Radio Popolare): una trasmissione itinerante a bordo di un camper attraverso i luoghi simbolo di Bergamo e della sua provincia.

“In un’ora e mezza di trasmissione in cui musica e parole andranno sempre di pari passo, i conduttori, grazie all’intervento di numerosi ospiti, entreranno in contatto con gli abitanti del territorio bergamasco, gettando ponti culturali con altre comunità in Italia e nel resto del mondo”.

L’arte, finalmente, è scesa dal suo piedistallo per entrare nel mondo. A volte anche rispondendo al telefono.

La Fondazione di Palazzo Magnani di Reggio Emilia, a seguito della sospensione delle sue mostre, ha infatti deciso di usare un mezzo anacronistico, ma decisamente più vero, per comunicare l’arte: chiamando un numero dedicato, sarà possibile fare una chiacchierata con lo staff della Fondazione che racconterà la storia di una delle opere esposte nella mostra True Fictions. Fotografia visionaria dagli anni ‘70 ad oggi a chi lo desidererà.

Un moderno “Pronto, Raffaella?”, anche se l’idea, in realtà, segue la falsa riga delle fiabe al telefono di Gianni Rodari.

Fondazione Palazzo Magnani, Opere al telefono, 2020

Hans Ulrich Obrist e il suo do it: l’arte democratica

Che piaccia o no, Obrist ha sempre avuto uno sguardo proiettato sul futuro, anche quando rispolvera il passato, come do it.

do it nacque nel 1993 da un’idea di Obrist, Christian Boltanski e Bertrand Lavier. L’idea, semplice ma rivoluzionaria, consisteva nel riunire una serie di istruzioni fornite da grandi artisti per realizzare opere alla portata di tutti. Nel 2020, ventisette anni dopo, il direttore artistico delle Serpentine Galleries di Londra ha dato forma a un nuovo capitolo di questo progetto: do it (around the world). In dialogo con l’Independent Curators International di New York, Kaldor Public Art Projects di Sydney e Google Arts & Culture“l’operazione sfrutta il potenziale della rete per raggiungere un pubblico sempre più vasto”.

Le istruzioni per realizzare un’opera in modo autonomo donate da nuovi artisti, tra i quali Virgil Abloh, Arthur Jafa, Rachel Rose, Lorenzo Senni, ogni settimana rimpinguano uno sconfinato archivio consultabile online, così che tutti possano crearsi una propria collezione personale di opere.

Così che l’arte possa uscire dai solito luoghi e viaggiare con le persone, crescere con esse. Perché l’arte è di tutti e per tutti.

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BTS, do it (2020), Serpentine Galleries

Pesiamo le parole

Mai come nel 2020 ci siamo resi conto di quanto sia importante scegliere e usare le parole giuste per comunicare. L’inesperienza (e la goffaggine) del mondo artistico in campo di comunicazione digitale ha portato le grandi istituzioni a mettersi in gioco e a trovare, nell’emergenza, soluzioni in grado di mostrarsi al pubblico con più umanità. E di ripartire dalle basi.

La Fondazione Baruchello a Roma ha organizzato dei workshop online dal titolo “Esercizi di lettura”, durante i quali la lettura di pagine di alcuni libri della biblioteca, considerati essenziali dai curatori e dalla Fondazione stessa, è stata presentata come esperienza formativa, oltre che una “vera e propria indagine sulle parole e le forme del discorso”.

Il Centro Pecci di Prato, invece, ha pensato al ciclo di appuntamenti #KeyWords. Parole che aprono il presente: un dialogo tra arte e psicologia per ampliare il nuovo format del palinsesto digitale museale. Protagonisti illustri del mondo dell’arte e della cultura focalizzeranno le conversazioni su diverse parole chiave, come LIMITE e FIDUCIA, per cercare “le chiavi di lettura più adatte e acquisire nuovi strumenti che possano arricchirci per affrontare le sfide del nostro tempo”.

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Centro Pecci, #KeyWords. Parole che aprono il presente: un dialogo tra arte e psicologia, 2020

Imparare a raccontare; imparare ad ascoltare

Imparare a raccontarsi, dunque, sembra essere stato il vero scoglio da superare, per le realtà culturali, nel 2020. Se prima, infatti, si dava per scontato l’aspetto dello storytelling museale, ora diviene il nodo cruciale da sciogliere e che interessa, trasversalmente, tutti i tipi di spazi e istituzioni.

Gli Uffizi hanno deciso di usare i social per avviare un dialogo con i visitatori e per svelare, attraverso il progetto Uffizi On Air, aneddoti, storie e segreti sulle mostre temporanee e il luogo.

Il MAXXI di Roma ha avviato “Collezione da Ascoltare”, un’iniziativa che prende in prestito la voce di attori famosi per portare in luce alcune opere della collezione.

Brera, oltre al programma Breraplus+, ha pensato di raccogliere, attraverso il progetto “Brera Ascolta”, le idee e le creazioni del pubblico.

“Se da una parte il nostro compito è divulgare la cultura, dall’altra l’ascolto è sempre stato parte fondamentale della nostra missione e da oggi desideriamo renderlo visibile.”

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Brera Ascolta, Pinacoteca di Brera, programma Breraplus+, 2020

Guardo l’orologio: ho cominciato a scrivere questo pezzo nel 2020 e ora siamo già nell’anno nuovo. Il primo gennaio è la Giornata Mondiale della Pace e quest’anno il tema è quello della cura. Che bella coincidenza… curatore, curatela, “curare una mostra” sono tutte declinazioni di questo termine tanto delicato quanto potente.

Il mio augurio è che la cultura torni ad essere cura per l’anima di tutti noi.

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Vocabolario online Treccani, 2020

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