Se si parla di case popolari il riferimento va ad una determinata tipologia edilizia, ben definita secondo legge, molto meno morfologicamente.

Case popolari è una terminologia che, nell’uso comune, si riferisce a quell’edilizia normata dalla legge 167 del 1962, la quale per la prima volta rese possibile l’espropriazione per pubblica utilità di terreni destinati a residenze, allo scopo di fornire alloggi economicamente accessibili ai ceti meno agiati. I cosidetti PEEP (Piani per l’Edilizia Economica e Popolare) soffrono storicamente di tutte quelle problematiche legate al disagio sociale, che sopraggiungono insieme a delle mancanze che tendenzialmente riguardano i servizi, le infrastrutture e, in generale, il rapporto con il contesto cittadino.

Questo lavoro vuole quindi analizzare quel confine labile tra case popolari e edificazioni a carattere intensivo, costruzioni morfologicamente simili tra loro, ma diverse nell’approccio alla città. Un confine che vuole dirci quanto la città si formi ovviamente attraverso i singoli elementi che la compongono, ma anche, e soprattutto, dalle interazioni che questi sviluppano tra di loro.

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