Gianluca Todisco, artista indipendente e performer dalla produzione incisiva e di estremo carattere.

Gianluca Todisco colpisce al primo beat. Convince subito con il suo sound, con la sua presenza scenica, un personaggio a tutto tondo.

Todisco lavora tra Italia e Stati Uniti e cura la ricerca, i testi e il visual dei suoi brani, di cui è inteprete.

Un interprete attento al diverso, alle tematiche sociali, all’esigenza d’espressione di cui si fa portavoce.

In occasione del lancio del nuovo singolo BRUTE, abbiamo rivolto alcune domande a Gianluca Todisco.

Gianluca, chi sei? E chi volevi essere da ragazzino? Sei la stessa persona di ieri? 

Ciao ragazzi! Mi chiamo Gianluca, ho 28 anni e sono di Roma! Sono un’artista indipendente. Da piccolo volevo fare il cantante e il performer quindi credo che “quel ragazzino” sia cresciuto fino ad essere chi sono ora. 

Credo che ognuno di noi porti quel ragazzino all’interno di se quando cresciamo, perché è la parte più pura della nostra essenza, quella che non viene influenzata dal giudizio degli altri, dai nostri limiti mentali, ma che sa bene, nel profondo, quello che desideriamo davvero. 

Il ricordo più vivido che possa descriverti? 

Sicuramente quando ricevetti il mio primo registratore portatile, di quelli giocattolo, con il microfono e con le musicassette, che usavo per registrare le canzoni dalla radio e la mia voce. 

Quando hai capito che questa fosse la tua strada? 

Sin da piccolino, a tre anni amavo già cantare, ballare e fare musica. La gente quando mi chiedeva cosa avrei voluto fare da grande io rispondevo che sarei stato un cantante, un performer. Così crescendo iniziai a studiare musica, canto e danza. 

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Cosa ne pensi della musica italiana di nuova generazione? 

Penso che i giovani di oggi stiano sperimentando tanto, grazie anche alla contaminazione di culture diverse, su una base che però rimane sempre la stessa, la musica italiana che è un’eccellenza in tutto il mondo. 

Come è essere musicista negli USA, quali sono le differenze più evidenti che hai riscontrato? 

Sia NYC che LA sono due città dove sei circondato dalla musica, dalla danza, da ogni forma artistica perché in ogni angolo, anche il più sperduto ci sono artisti, musicisti che performano in mezzo alla strada e sono davvero eccezionali

Anche In Italia abbiamo i nostri fantastici artisti di strada. Sicuramente la differenza che riscontro maggiormente è che la gente negli USA considera l’arte come un lavoro vero, con cui puoi vivere/sostenerti. 

In Italia, molto spesso, è ancor visto come un lavoro freelance, un hobby, mentre credo che la musica, come l’arte, lo spettacolo, siano sostanziali nella vita delle persone, per la loro salute mentale, sociale, fisica ed economica. 

Come nasce un tuo brano? Curi tu il tuo personaggio, e i tuoi visual? 

Siamo circondati da ispirazioni, suoni, immagini e a volte basta ascoltare i rumori della città per creare uno scenario, il tamburellare delle dita di una persona con cui stai parlando per creare un ritmo. 

Suoni, parole, immagini in cui le persone possano identificarsi, un personaggio che è essenzialmente quello che sono nella realtà ma che tramite i testi, la musica può esprimere cose che a volte io stesso non riesco a far uscire fuori, dando anche voce a ciò che le persone vorrebbero comunicare in circostanze della vita nelle quali rimangono ferme. 

Essere affiancato dal mio videographer Luca Marincione rende tutto più divertente perché capisce intuitivamente i miei script, le espressioni visive che voglio esprimere in un certo contesto, seguendo il filo di ogni visual. 

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Cosa significa per te fare musica? 

Significa creare un ritmo, un testo, una melodia in cui io per primo mi identifico.

Questi elementi uniti  diventano un mezzo per comunicare con me stesso e con le persone, che magari hanno bisogno di quel messaggio in un determinato momento della loro vita, per poter ragionare su una determinata situazione.

Diventando così un mezzo di studio, di introspezione e di coraggio, perché sono io il primo a farlo. 

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Cosa è “BRUTE”? 

“BRUTE” è il mio nuovo singolo! La canzone è scritta, composta e prodotta da me ed è un mix tra sonorità Pop/ Dance e Rap. 

BRUTE è un inno “all’essere se stessi”. 

Affronta a muso duro ogni tipo di razzismo, discriminazione e bullismo nei confronti delle differenze tra ognuno di noi: dall’aspetto fisico che porta ai disturbi alimentari, al colore della propria pelle, al proprio orientamento sessuale. 

BRUTE è un elogio al “brutto” a tutto ciò che la società reputa fuori dagli schemi, sopra le righe, ma che è semplicemente la diversità che ci rende unici.

Quello che desidero è creare musica, parole, visuals in cui le persone possano identificarsi. Dando voce a ciò che la gente vorrebbe esprimere davanti alle situazioni nelle quali si rimane impotenti. 

Il music video è realizzato in collaborazione con il videographer Luca Marincione X Marincione Ph. Un visual psichedelico con elementi di video art e moda, infatti le creazioni usate nel video sono realizzate da me. 

Che ruolo ha la musica nei confronti delle minoranze? 

Credo che la musica sia il collante che ci tiene tutti uniti perché come ogni altra forma d’arte la musica unisce le persone e annulla tutte le distanze. 

Non ha importanza da dove vieni, se capisci la lingua del testo della canzone, che orientamento sessuale hai, che aspetto hai, la musica diffonde un messaggio di condivisione e integrazione, unendo anche persone che non hanno nulla a condividere tra loro. 

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Esiste il diverso? 

Oggi giorno le persone si sentono spesso troppo libere di esprimere i propri “giudizi”, molto spesso via social media, nei confronti di chi ha idee diverse da loro, vive un proprio percorso, per le scelte che prende e da chi decide di avere al suo fianco e purtroppo essere giudicato per questo. 

Non ci rendiamo conto che tutte queste diversità sono proprio la bellezza dell’unicità che ognuno di noi ha, dovremmo solo iniziare a rispettarla ed a apprezzarla, senza giudicarla, perché la felicità di un’altra persona non diminuisce la propria.

Quello che le altre persone chiamano “diverso” io lo chiamo “unicità”.

Negli States ti senti trattato diversamente perché straniero? 

Mai, nonostante le discriminazioni. La società americana specie nelle grandi città è multietnica, nella quale il rapporto di integrazione tra le persone avviene in modo naturale. Personalmente la vedo come una società formata da tante persone immigrate. Ognuno porta la ricchezza della propria cultura. 

Quali sono le sfide che la nostra generazione deve affrontare? 

Credo che i giovani di oggi abbiano una forte incertezza verso il futuro, specialmente in questo momento difficile della pandemia

Tanti giovani stavano avviando le proprie piccole nuove attività, nuovi progetti e sono stati costretti a rimandare, o rallentare i processi di realizzazione, per via dell’insicurezza, maggiormente economica, che ha portato questa situazione. 

Penso che questa generazione sia quella più istruita di sempre, più tecnologicamente avanzata ed abbia quindi la forza e gli strumenti per potersi adattare a questi cambiamenti che stanno avvenendo a livello sociale ed economico, e avere l’opportunità di realizzare ciò che desiderano. 

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Dove ti vedi domani? 

Chi lo sa?

La vita ci sorprende ogni giorno, crea in continuazione patterns per farci seguire le nostre ambizioni, e realizzare i nostri progetti, le nostre relazioni, l’importante è restare sempre in ascolto. 

Lasciaci un tuo promemoria scegliendo un brano che ti ha ispirato. 

“I Will Always Love You” di Whitney Houston. Credo sia la più bella canzone di sempre.

Lo so, faccio tutt’altro genere di musica, ma la romanticità e la potenza di una canzone così ti rimane impressa, specialmente se l’ascolti da piccolo, l’ascolti crescendo e l’ascolti tutt’ora.

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