Quanta forza ci vuole per fare della debolezza un manifesto?

Dovremmo chiederlo a Dimitra Petsa, artista e designer sorprendente che ha dato ai fluidi corporei “della vergogna” la giusta rivincita. Ready to wear macchiati sotto le ascelle o in prossimità della vagina, copricapezzoli come gocce che zampillano dal corpo e rimangono sulla pelle.

pipì
lacrime
sudore
liquido vaginale
latte
sebo

asciuga
assorbi
nascondi
raccogli
trattieni
copri
lava

Guardare dall’esterno la nostra smania di essere asciutti ci apre gli occhi su quanto sia insensato il sistema di cui siamo schiavi. Abbiamo così paura dell’acqua, eppure il corpo bagnato è affascinante e a dimostrarlo una volta per tutte è una serie di capi tutt’altro che irriverenti o volgari, piuttosto intrisi di purezza. L’acqua che bagna i capi Di Petsa – questo il nome del brand – non fa rumore e non sporca, semplicemente si piega senza opporsi a ciò che il corpo vuole.

Dimitra Petsa nasce e cresce in Grecia e comincia a lavorare nella sartoria della nonna a dodici anni. In questo ambiente conosce l’aspetto più sacro legato all’intimità, che si manifesta nel rapporto che intercorre tra la sarta e la donna da vestire: un’assoluta naturalezza nel dedicarsi all’esaltazione del corpo nudo di una persona.

Per la sua formazione Dimitra sceglie Londra, città delle possibilità, della sperimentazione e della libertà. Qui si laurea in Performance Art al Saint Martins Institute e accede a un master in Fashion Design, durante il quale dà vita alla sua prima collezione.

Per diversi mesi la designer studia la tecnologia innovativa che le permette di attribuire al tessuto l’effetto visivo e tattile del bagnato. Se l’aspetto legato al visibile è necessario per fare dell’abito uno strumento di comunicazione, quello che riguarda la percezione sulla pelle è finalizzato a un’immersione totale da parte dell’indossatore in una morbida consistenza che ricorda il tessuto impregnato di liquido, una vera catarsi.

Decisa ad approfondire la sua ricerca, dopo la collezione d’esordio, Dimitra prosegue il suo lavoro ideando una serie di capi che, partendo dalle intenzioni già dichiarate e dalle sperimentazioni fatte e consolidate, si concentra sul corpo della donna durante la gravidanza.

È palese come la faccenda di Dimitra abbracci coraggiosamente un’ideologia, dandoci conferma del fatto che la moda non ha a che fare solo col vestirsi, ma riguarda le idee, il prendere parte, la comunicazione, la libertà e l’onestà nei confronti propri e degli altri.

Perchè per la designer vestire un corpo non significa semplicemente coprirlo, “un corpo vestito è un corpo che prega”.

Dimitra Petsa, Inroduction, self portrait