Cinema Migrante – Nomade, ovvero colui che muta spesso la propria dimora. Precisamente: quale dimora?  Un luogo fisico o una condizione del pensiero?

La risposta potrebbe essere: entrambi. Se da un lato, lo spostamento fisico coincide con lo spostamento del proprio punto di vista sul mondo, dall’altro una rinnovata pratica di osservazione, unita al coraggio di aprirsi all’Altro, porta a considerare aspetti della realtà fino ad ora ignorati.

Cinema migrante

Tuttavia, in un’epoca in cui le distanze geografiche, grazie alle tecnologie, sembrano completamente abbattute, l’incontro reale con un fratello che ha mutato la sua condizione d’origine, portando con sé storie, tradizioni, lingue, sogni diversi da quelli nati nelle nostre camerette, ancora ci paralizza. Ci fa domandare: siamo davvero in grado di capire? Quanto siamo liberi? Quanto sappiamo ascoltare e accettare?

In aiuto arriva il “Premio Gianandrea Mutti: il cinema migrante”, promosso da Cineteca di Bologna, Associazione Amici di Giana, Archivio delle Memorie Migranti e Fondazione Pianoterra onlus.

Il premio è rivolto ad autori originari dell’Asia, Africa, Europa orientale, Balcani, Medio Oriente, Centro e Sud America e residenti nel territorio italiano da almeno 12 mesi. La competizione ha lo scopo di supportare la realizzazione di produzioni di cinema migrante che esprimono una visione partecipata della cultura contemporanea e una sensibilità per il tema della diversità culturale e dell’inclusione sociale.

Per comprendere meglio la filosofia alla base del Premio sul Cinema Migrante, abbiamo rivolto alcune domande ad Elisa Serangeli e Amedeo Siragusa della Fondazione Pianoterra onlus, ente sostenitore del progetto.

Cinema migrante

Come nasce l’idea di un premio rivolto al cinema migrante? Mi ha incuriosito molto questo ribaltamento del punto di vista che muove il progetto; siamo abituati a narrazioni nelle quali vengono raccontate storie di migranti, non viceversa…

Il Premio nasce nel 2008 con l’obiettivo di promuovere nuovi linguaggi e forme di autorappresentazione attraverso il cinema e il documentario e di stimolare lo sviluppo di politiche culturali più inclusive. Fino a qualche anno fa era sicuramente più difficile trovare opere firmate da registi migranti, anche se già esisteva qualche esperienza importante di questo tipo. Penso ad esempio a “Come un uomo sulla terra” di Dagmawi Ymer e Andrea Segre realizzato nel 2008. Un film straordinario che racconta le condizioni disumane del viaggio verso l’Europa attraverso le voci di chi lo ha vissuto. Il rischio che si corre sovente è quello, per citare la scrittrice nigeriana Chinamanda Ngozi Adichie, di raccontare una “storia unica”, che alimenta un certo immaginario sugli immigrati. Con i nostri film cerchiamo di decostruire questo immaginario dando la possibilità ai candidati di raccontarsi e di raccontare l’Italia dal loro punto di vista.

In una dichiarazione affermate “All’origine di questo premio c’è la considerazione che per un film-maker di origine straniera finanziare le proprie opere in Italia è un’impresa quasi impossibile, a causa della quasi totale assenza di politiche culturali volte a incoraggiarne le produzioni e gli investimenti diretti dei canali televisivi.” Questo genere di difficoltà è solo per film-maker stranieri? Perché?

L’Italia sicuramente non brilla per qualità e quantità di risorse investite nella cultura in generale e il sostegno ad artisti di origini straniere è praticamente inesistente. Dobbiamo dire che a 13 anni dalla nascita del Premio ritroviamo un paese diverso dove le seconde generazioni reclamano spazio nella scena culturale e artistica italiana e rifiutano di essere ingabbiati dentro tematiche specifiche dell’immigrazione. Questa situazione la riscontriamo anche nel nostro Premio. Le candidature aumentano di anno in anno e la maggioranza riguardano giovani registi nati o cresciuti in Italia in attesa di cittadinanza. La riforma della legge sulla cittadinanza è il vero nocciolo della questione. Basti pensare che chi arriva in Italia da piccolissimo, e frequenta tutti i cicli scolastici qui, ottiene la cittadinanza intorno ai 30 anni, se è fortunato. Per chi è nato qui invece non è sufficiente compiere 18 anni per ottenerla, perché la trafila burocratica è lunghissima, complessa e costosa, e tanti vi rinunciano. In Italia sono molti i registi che vivono il paradosso di contribuire ai fondi dei bandi pubblici per le produzioni di opere cinematografiche, lavorando e pagando le tasse nel nostro paese, ma non possono accedervi perché non italiani.

Cinema migrante

L’impossibilità e la difficoltà ad accedere a dei fondi per le produzioni cinematografiche che ripercussioni ha sull’immaginazione?

Tutti i registi hanno sempre avuto ed hanno il problema di trovare finanziamenti per realizzare le loro idee. I filmmaker di origine straniera hanno ulteriori difficoltà e questo non può non influenzare il loro immaginario. Le attuali tecnologie offrono tuttavia delle possibilità di realizzare opere audiovisive a costi molto minori di un tempo. Ma tra avere un’idea anche ricca e significativa e riuscire a compiere il primo passo per realizzarla talvolta si apre un baratro che scoraggia. Il Premio Mutti nasce proprio dal voler creare un ponte per superare questo baratro e ridurre l’enorme perdita di ricchezza culturale. Dare la possibilità di realizzare piccoli film o segnalare progetti interessanti è un modo, certamente limitato ma significativo, di non lasciare soli giovani artiste e artisti che hanno molto da dire sulla realtà del nostro paese, perché la osservano con altri occhi e altre memorie alle spalle. Certe storie sono davvero necessarie e sarebbe un delitto lasciarle morire sul nascere. 

La percezione del migrante in Italia è falsata? Ci sono degli stereotipi difficili da abbattere? Quale può essere una soluzione percorribile? Insomma, leggo la biografia del vincitore della scorsa edizione e penso che molti ragazzi italiani non hanno così tanta cultura ed esperienza alle spalle.

Sicuramente la percezione che un pezzo di Italia ha sugli immigrati è distorta e probabilmente molti faticano ad accettare il cambiamento di un contesto sociale che è e sarà sempre più multiculturale. C’è un problema di narrazione dell’immigrazione che alimenta questa distorsione della realtà. Ad esempio in Italia ci sono tanti film sull’immigrazione, come fosse una storia unica, ma pochi sulla storia personale di chi migra. Si affronta il tema quasi esclusivamente in un’ottica politica e viene lasciato poco spazio per empatizzare con le sofferenze e le speranze altrui. E questo conta perché contribuisce a costruire un immaginario stereotipato riguardo al fenomeno immigrazione, dimenticandoci che dietro la parola immigrato c’è un volto, una storia, una vita. Basta incontrare e avvicinarci alle vite e alle opere di alcuni di nostri premiati per cogliere questa pluralità. Sono opere molto diverse tra loro per argomento, durata e linguaggi, così come sono variegate le aree di provenienza e i background dei loro autori.

Infine, che ruolo ha (dovrebbe e/o potrebbe avere) la cultura in Italia in base alla vostra esperienza? Qualche esempio virtuoso al quale guardare?

C’è una grande sfida che va affrontata e in qualche modo presa di petto: il passaggio da un paesaggio culturale sostanzialmente monoetnico, che esclude quasi totalmente altri punti di vista, a un orizzonte capace di integrare le più diverse percezioni della realtà. Salman Rushdie sostiene che “l’immigrato sospetta la realtà”. E’ una frase sulla quale varrebbe la pena di riflettere perché potrebbe aiutarci a comprendere meglio ciò che ci sta accadendo. La cultura è il motore che accelera e favorisce il dialogo, svela le complessità e le tensioni, le decostruisce e rielabora e così facendo ci dà la possibilità di essere più consapevoli di ciò che siamo.

“I film prodotti rappresentano delle efficaci contro-narrazioni sulla contemporaneità meticcia e complessa delle nostre realtà urbane e possono diventare straordinari strumenti didattici e pedagogici per lavorare con bambini e adolescenti sul tema delle migrazioni aprendosi al punto di vista dei migranti.”

Fondazione Pianoterra

Cinema migrante

Info

Il concorso sul cinema migrante selezionerà un progetto filmico presentato da un autore straniero o italiano di origine migrante a cui verrà attribuito un premio di 18.000 (diciottomila) euro destinato alla sua effettiva realizzazione entro e non oltre il 31 dicembre 2022.

Il bando resterà aperto fino al 15 luglio 2021. Maggiori informazioni le potete trovare qui

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