Non c’è modo migliore per apprezzare la qualità di un prodotto che quello di vedere il luogo dove viene realizzato, incontrarne i creatori e toccare con mano. Cosi è stato per noi di The Walkman con le fantastiche borse eco-sostenibili di Silvia Massacesi: siamo stati amichevolmente accolti nel laboratorio romano dove i due designer del marchio, Silvia Massacesi e Davide Mariani, progettano e realizzano le loro creazioni. In un clima amabile ci siamo lasciati trasportare da interessanti quanto proficui discorsi che, in un evolversi di concetti, hanno fatto sì che l’intervista prendesse forma da sola. Una conversazione illuminante, che ha permesso di approfondire il mondo della moda etica, un settore oscuro a molti, ma sicuramente da scoprire, comprendere e condividere. Quello della moda etica è una macro categoria, che internamente ne comprende altre come la moda ecosostenibile o quella delle cooperative che operano nel sociale, ma anche quella bio e organica.

Silvia e Davide realizzano borse in sughero e carta riciclata, che sono frutto del progetto di laurea di Silvia Massacesi, la quale dopo aver riscosso approvazione per la sua proposta innovativa, ha deciso di concretizzarla e iniziare a produrre. Borse che sono frutto di un lungo percorso di ricerca e studio dei materiali che hanno portato alla nascita di un prodotto che è innovazione pura.

Sono riusciti nell’intento di introdurre sul mercato un modello di borsa che, pur avendo una natura fortemente ecologica, abbia quell’appeal che la faccia essere di tendenza. Tutto ciò anche per sfatare il luogo comune che associa l’abbigliamento eco ad un prodotto non di qualità. Così non è per queste borse che sono un concentrato di ricerca estetica ed etica.

Perché realizzare delle borse Eco?

Perché era il mio obiettivo. Ho sempre visto la moda e in generale l’arte come un mezzo per comunicare la propria visione e filosofia. Io volevo comunicare il mio mondo, dimostrando che anche nel mondo della moda è possibile comunicare altri progetti e legarli ad una produzione più sostenibile, il che è fondamentale. Ed in parte è quello che avviene già nel design, tenere conto dell’aspetto eco-sostenibile nella produzione. Io provenendo da tutti e due gli ambiti ho voluto unirli. E la moda influenza moltissimo la produzione, toccando ogni componente della filiera produttiva che troviamo dietro i prodotti, perciò è importante che la lavoro avvenga nel rispetto del territorio e dei lavoratori. Soprattutto perché negli ultimi anni si assiste ad uno sfruttamento eccessivo delle risorse finalizzato all’aumento della produzione e al conseguente abbassamento dei costi. Proprio per ridare valore a certi aspetti che sono stati dimenticati nasce questa collezione.

Come si può educare all’ecologia?

Fondamentalmente attraverso la comunicazione. È la cosa basilare. Anche perché la gente è confusa e ha idee poco chiare sull’argomento.

Un ruolo importante lo svolgono le fiere perché proprio durante questi eventi ci è possibile mostrare tutto il lavoro che c’è dietro alle nostre borse e far capire al pubblico e alla stampa non solo la qualità ma anche l’eco sostenibilità dei materiali. In questo siamo chiarissimi: sull’etichetta sono elencati tutti i materiali che compongono le nostre borse.

Il vostro progetto ha vinto inoltre il Premio del Comitato Leonardo, riconoscimento che vi è stato assegnato direttamente dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Cosa ha significato per voi vincere questo premio?

E’ stato fondamentale, perché per me è stato importantissimo avere un riconoscimento per un progetto sul quale avevo lavorato per un anno. Fondamentale appunto perché mi ha dato il coraggio di credere in un progetto che vada oltre un progetto di studio.

Inseguito grazie a questo riconoscimento ci è stato possibile entrare in contatto con Silvia Fendi che ci ha proposto di esporre le nostre borse durante Altaroma. In quel periodo avevamo a disposizione solamente dei prototipi però l’interesse che abbiamo notato nel pubblico e nella stampa ci ha spinto a concretizzare quello che era un progetto accademico.

Recentemente le vostre creazioni sono state selezionate per essere esposte alla Vogue Fashion Dubai Experience, a rappresentanza dello stile e della qualità italiana nel mondo, volete raccontarci riguardo questa esperienza?

Noi avevamo partecipato a questo concorso organizzato per l’appunto da Vogue finalizzato a sensibilizzare sempre di più il mondo della moda sui prodotti eco-sostenibili. E i prodotti selezionati sono stati poi proiettati durante la manifestazione. Noi abbiamo vinto e siamo stati selezionati, però come esperienza non è stata del tutto positiva, poiché l’agenzia che si occupava di questo evento non è stata molto presente. Infatti non ci hanno contattato per avvisarci di essere stati selezionati , ma siamo noi che lo abbiamo scoperto da soli controllando il sito. Lo stesso è successo anche agli altri brand scelti.

Tuttavia il lato positivo è che siamo riusciti ad entrare in contatto con Livia Firth, moglie dell’attore Colin Firth, da sempre sostenitrice di uno stile di vita più etico e consapevole, e che indosserà una nostra creazione.

Negli ultimi anni sembra che la moda, o meglio, anche le alte sfere del mondo della moda, stia cercando di dare una visione più eco al settore. Un esempio è Stella McCartney, il cui marchio non utilizza pelli, pellicce o pellami esotici. Pensate che sia una trovata di marketing per far leva su consumatori più sensibili a certe tematiche, una semplice moda passeggera o trovate che veramente si sta ricercando una moda sostenibile?

Ovviamente trovo sia una trovata di marketing. Ma non sono contraria, primo perché vuol dire che le grandi aziende hanno la necessità di iniziare di rilasciare questi prodotti, e ciò perché ce n’è richiesta, altrimenti non investirebbero in questo campo. Il che è in parte positivo, perché se io da sola non posso fare molto, se questi marchi affermati sul mercato globale cominciano a parlare e a far parlare di queste è un bene perché attuano una campagna di sensibilizzazione, anche solo vendendo un prodotto che pur non essendo eco-sostenibile comunica eco-sostenibilità.

Al contrario non va però bene il green washing che viene fatto, ovvero il comunicare cose che non sono, perché per avere una borsa eco-sostenibile non basta realizzarne una in eco-pelle, ma bisogna stare attenti che durante tutta la filiera produttiva vengano eseguiti particolari accorgimenti, ma questo comporterebbe enormi investimenti.

Difficoltà incontrate?

Tantissime, principalmente nella ricerca dei materiali. Un problema è stato riuscire a trovare un sughero che fosse flessibile ma esistente, e per riuscirci siamo dovuti andare a chiedere consiglio a degli specialisti del settore. Così come per trovare un metodo naturale per impermeabilizzare la carta, scoprendo poi l’esistenza di particolari resine usate per il restauro. E anche se siamo stati costretti a scendere a dei piccoli compromessi, per non incorrere a costi di produzione eccessivamente elevati, l’essere riusciti a realizzare borse eco-sostenibili al 90% è già un ottimo risultato. E in futuro nulla vieta di pensare che se tutte queste piccole realtà come la nostra continuino a sperimentare e a ricercare si riesca a modificare l’intera filiera produttiva e perché no? Anche nel realizzare borse eco al 100%. D’altronde penso che le rivoluzioni partano dal basso.

Vi sentite dei pionieri del settore?

No, non direi, perché noi stiamo lavorando in questo campo in un momento in cui si sta iniziando a parlare di moda eco  ma ancora non si applica. Pioniera vera e propria secondo noi è stata Pietra Pistoletto, figlia di uno tra i massimi esponenti dell’ Arte Povera, Michelangelo Pistoletto, e che da anni lavora sul concetto del riciclo applicato alla moda, attraverso realizzazione di abiti e gioielli. Riportando nella moda quello che il padre faceva nell’arte. E ha iniziato a fare queste cose prima che se ne parlasse e che potessero anche solo suscitare interesse.

State pensando di sviluppare una nuova collezione di borse il altri materiali o per il momento siete ancora concentrati su come sfruttare al meglio le proprietà del sughero?

Per il momento vorremmo ampliare la collezione con una linea di accessori quali braccialetti o cover per Ipad, in modo da avere prodotti con un target diverso e riuscire a coprire tutte le fasce. Allo stesso tempo dovremmo iniziare a progettare delle borse in altri materiali, poiché il periodo di sperimentazione e ricerca è molto lungo.

“The WalkMan” si pone come obiettivo quello di lasciare spazio e visibilità ai giovani emergenti in qualsiasi campo artistico. Cosa ti senti di suggerire a chi ha deciso o sta decidendo di investire la propria vita nella creatività?

Che devono assolutamente provarci, perché chi ha voglia, forza e buone capacità, può farcela. Non bisogna però illudere i giovani, ma avvertirli delle tante difficoltà che si incontrano. E’ anche vero che non sempre chi riesce è perché è più bravo di altri, semplicemente ha avuto più fortuna.

Non c’è modo migliore per apprezzare la qualità di un prodotto che quello di vedere il luogo dove viene realizzato, incontrarne i creatori e toccare con mano. Cosi è stato per noi di The Walkman con le fantastiche borse eco-sostenibili di Silvia Massacesi: siamo stati amichevolmente accolti nel laboratorio romano dove i due designer del marchio, Silvia Massacesi e Davide Mariani, progettano e realizzano le loro creazioni. In un clima amabile ci siamo lasciati trasportare da interessanti quanto proficui discorsi che, in un evolversi di concetti, hanno fatto sì che l’intervista prendesse forma da sola. Una conversazione illuminante, che ha permesso di approfondire il mondo della moda etica, un settore oscuro a molti, ma sicuramente da scoprire, comprendere e condividere. Quello della moda etica è una macro categoria, che internamente ne comprende altre come la moda ecosostenibile o quella delle cooperative che operano nel sociale, ma anche quella bio e organica.

Silvia e Davide realizzano borse in sughero e carta riciclata, che sono frutto del progetto di laurea di Silvia Massacesi, la quale dopo aver riscosso approvazione per la sua proposta innovativa, ha deciso di concretizzarla e iniziare a produrre. Borse che sono frutto di un lungo percorso di ricerca e studio dei materiali che hanno portato alla nascita di un prodotto che è innovazione pura.

Sono riusciti nell’intento di introdurre sul mercato un modello di borsa che, pur avendo una natura fortemente ecologica, abbia quell’appeal che la faccia essere di tendenza. Tutto ciò anche per sfatare il luogo comune che associa l’abbigliamento eco ad un prodotto non di qualità. Così non è per queste borse che sono un concentrato di ricerca estetica ed etica.

Perché realizzare delle borse Eco?

Perché era il mio obiettivo. Ho sempre visto la moda e in generale l’arte come un mezzo per comunicare la propria visione e filosofia. Io volevo comunicare il mio mondo, dimostrando che anche nel mondo della moda è possibile comunicare altri progetti e legarli ad una produzione più sostenibile, il che è fondamentale. Ed in parte è quello che avviene già nel design, tenere conto dell’aspetto eco-sostenibile nella produzione. Io provenendo da tutti e due gli ambiti ho voluto unirli. E la moda influenza moltissimo la produzione, toccando ogni componente della filiera produttiva che troviamo dietro i prodotti, perciò è importante che la lavoro avvenga nel rispetto del territorio e dei lavoratori. Soprattutto perché negli ultimi anni si assiste ad uno sfruttamento eccessivo delle risorse finalizzato all’aumento della produzione e al conseguente abbassamento dei costi. Proprio per ridare valore a certi aspetti che sono stati dimenticati nasce questa collezione.

Come si può educare all’ecologia?

Fondamentalmente attraverso la comunicazione. È la cosa basilare. Anche perché la gente è confusa e ha idee poco chiare sull’argomento.

Un ruolo importante lo svolgono le fiere perché proprio durante questi eventi ci è possibile mostrare tutto il lavoro che c’è dietro alle nostre borse e far capire al pubblico e alla stampa non solo la qualità ma anche l’eco sostenibilità dei materiali. In questo siamo chiarissimi: sull’etichetta sono elencati tutti i materiali che compongono le nostre borse.

Il vostro progetto ha vinto inoltre il Premio del Comitato Leonardo, riconoscimento che vi è stato assegnato direttamente dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Cosa ha significato per voi vincere questo premio?

E’ stato fondamentale, perché per me è stato importantissimo avere un riconoscimento per un progetto sul quale avevo lavorato per un anno. Fondamentale appunto perché mi ha dato il coraggio di credere in un progetto che vada oltre un progetto di studio.

Inseguito grazie a questo riconoscimento ci è stato possibile entrare in contatto con Silvia Fendi che ci ha proposto di esporre le nostre borse durante Altaroma. In quel periodo avevamo a disposizione solamente dei prototipi però l’interesse che abbiamo notato nel pubblico e nella stampa ci ha spinto a concretizzare quello che era un progetto accademico.

Recentemente le vostre creazioni sono state selezionate per essere esposte alla Vogue Fashion Dubai Experience, a rappresentanza dello stile e della qualità italiana nel mondo, volete raccontarci riguardo questa esperienza?

Noi avevamo partecipato a questo concorso organizzato per l’appunto da Vogue finalizzato a sensibilizzare sempre di più il mondo della moda sui prodotti eco-sostenibili. E i prodotti selezionati sono stati poi proiettati durante la manifestazione. Noi abbiamo vinto e siamo stati selezionati, però come esperienza non è stata del tutto positiva, poiché l’agenzia che si occupava di questo evento non è stata molto presente. Infatti non ci hanno contattato per avvisarci di essere stati selezionati , ma siamo noi che lo abbiamo scoperto da soli controllando il sito. Lo stesso è successo anche agli altri brand scelti.

Tuttavia il lato positivo è che siamo riusciti ad entrare in contatto con Livia Firth, moglie dell’attore Colin Firth, da sempre sostenitrice di uno stile di vita più etico e consapevole, e che indosserà una nostra creazione.

Negli ultimi anni sembra che la moda, o meglio, anche le alte sfere del mondo della moda, stia cercando di dare una visione più eco al settore. Un esempio è Stella McCartney, il cui marchio non utilizza pelli, pellicce o pellami esotici. Pensate che sia una trovata di marketing per far leva su consumatori più sensibili a certe tematiche, una semplice moda passeggera o trovate che veramente si sta ricercando una moda sostenibile?

Ovviamente trovo sia una trovata di marketing. Ma non sono contraria, primo perché vuol dire che le grandi aziende hanno la necessità di iniziare di rilasciare questi prodotti, e ciò perché ce n’è richiesta, altrimenti non investirebbero in questo campo. Il che è in parte positivo, perché se io da sola non posso fare molto, se questi marchi affermati sul mercato globale cominciano a parlare e a far parlare di queste è un bene perché attuano una campagna di sensibilizzazione, anche solo vendendo un prodotto che pur non essendo eco-sostenibile comunica eco-sostenibilità.

Al contrario non va però bene il green washing che viene fatto, ovvero il comunicare cose che non sono, perché per avere una borsa eco-sostenibile non basta realizzarne una in eco-pelle, ma bisogna stare attenti che durante tutta la filiera produttiva vengano eseguiti particolari accorgimenti, ma questo comporterebbe enormi investimenti.

Difficoltà incontrate?

Tantissime, principalmente nella ricerca dei materiali. Un problema è stato riuscire a trovare un sughero che fosse flessibile ma esistente, e per riuscirci siamo dovuti andare a chiedere consiglio a degli specialisti del settore. Così come per trovare un metodo naturale per impermeabilizzare la carta, scoprendo poi l’esistenza di particolari resine usate per il restauro. E anche se siamo stati costretti a scendere a dei piccoli compromessi, per non incorrere a costi di produzione eccessivamente elevati, l’essere riusciti a realizzare borse eco-sostenibili al 90% è già un ottimo risultato. E in futuro nulla vieta di pensare che se tutte queste piccole realtà come la nostra continuino a sperimentare e a ricercare si riesca a modificare l’intera filiera produttiva e perché no? Anche nel realizzare borse eco al 100%. D’altronde penso che le rivoluzioni partano dal basso.

Vi sentite dei pionieri del settore?

No, non direi, perché noi stiamo lavorando in questo campo in un momento in cui si sta iniziando a parlare di moda eco  ma ancora non si applica. Pioniera vera e propria secondo noi è stata Pietra Pistoletto, figlia di uno tra i massimi esponenti dell’ Arte Povera, Michelangelo Pistoletto, e che da anni lavora sul concetto del riciclo applicato alla moda, attraverso realizzazione di abiti e gioielli. Riportando nella moda quello che il padre faceva nell’arte. E ha iniziato a fare queste cose prima che se ne parlasse e che potessero anche solo suscitare interesse.

State pensando di sviluppare una nuova collezione di borse il altri materiali o per il momento siete ancora concentrati su come sfruttare al meglio le proprietà del sughero?

Per il momento vorremmo ampliare la collezione con una linea di accessori quali braccialetti o cover per Ipad, in modo da avere prodotti con un target diverso e riuscire a coprire tutte le fasce. Allo stesso tempo dovremmo iniziare a progettare delle borse in altri materiali, poiché il periodo di sperimentazione e ricerca è molto lungo.

“The WalkMan” si pone come obiettivo quello di lasciare spazio e visibilità ai giovani emergenti in qualsiasi campo artistico. Cosa ti senti di suggerire a chi ha deciso o sta decidendo di investire la propria vita nella creatività?

Che devono assolutamente provarci, perché chi ha voglia, forza e buone capacità, può farcela. Non bisogna però illudere i giovani, ma avvertirli delle tante difficoltà che si incontrano. E’ anche vero che non sempre chi riesce è perché è più bravo di altri, semplicemente ha avuto più fortuna.

[divider]ENGLISH VERSION[/divider]

The best way to value the quality of a product is visiting where it is made, meeting up with the creators and seeing with your own eyes. That is what we, of The Walkman Magazine, have done with the fantastic eco-friendly bags made by Silvia Massacesi. The designers Silvia Massacesi and Davide Mariani, in their roman workshop, where they plan and realize their creations, have hailed us. Within a pleasing atmosphere, we have been carried away by interesting and fruitful talks that, progressing with the concepts, made the interview took shape by itself. It has been an enlightening conversation that let us discover the ethic fashion’s world – which is little know by the majorities – a branch of fashion that should deserve to be learnt, understood and shared. Ethics fashion is a macro rank within other classes such as the eco-sustainable fashion, social involved  co-op and also bio-fashion and organic fashion.

Silvia and Davide fulfill bags with cork and recycled paper. The first design was made for Silvia Massacesi’s graduation thesis that, earning a positive outcome for her original proposal, decided to put it into effect, and started manufacturing. These bags are the result of a long road, within the study and the research of materials, which led to the launch of products that are pure innovation.

They succeeded in the intent of introducing in the market a particular kind of purse that, yet having a deeply ecological disposition, has the right appeal to set a trend. Above all, the intent is to explode the myth that associates eco-apparel with low grade. These handbags are a heap of studies, aesthetics and ethics. 

Why did you decide to make eco-bags?

Because this is my goal. I believe that fashion, and art in general, are a way to communicate your own point of view and your philosophy. I wanted to convey my world, proving that, even in the fashion’s world it is possible to transmit other projects and to tie it to a more eco-sustainable production. This is the material point. And this is what, in part, yet happen in the design; to consider the eco-sustainable aspect of the production. Because I originate from both the spheres, I tried to combine them.
Fashion conditions production very much, touching every components of the supply chain. For this reason, I believe it is important that the labor occurs respecting the territory and the workers too. Especially because recently, we have seen an extreme resources’ exploitation, which aim is the increase of the production and the consequent reduction of the costs.
So, the reason of this collection is to return values at certain aspects that have been forgotten.

How it is possible to educate for ecology?

Basically, through communication. This is fundamental. Even because people are confused and don’t have a clear idea about this topic. Trade shows perform a very important task, because during those events, we can display all the work behind our bags, and people and the medias can appreciate not only the quality, but also the materials’ eco-sustainability. I think we are clear enough about this; on every tag there is the list of all the materials our bags are made.

Furthermore, your project won the Comitato Leonardo award, and the President of the Republic of Italy in person gave it to you. What did it mean to you, that reward?

It was capital. To me, it has been really important to be awarded for a project I have been working to a yearlong. It was capital indeed, because it encouraged me to believe in a project that goes far beyond prep. Then, thanks to this reward, we had the opportunity to meet Silvia Fendi, who offered us to expose in Altaroma. At that time, we only had some models which, however, generated quite interest to the audience and the media. That drove us to put into effect what was initially only an academic project. 

Recently, your creations have been selected for the Vogue Fashion Dubai Experience to represent Italian style and quality all over the world. Would you like to tell us about this experience?

We participated to this competition organized by Vogue with the aim of making aware the fashion’s world on the eco-sustainable products. The selected products have been projected during the expo. However, even if we won and we have been selected, that experience wasn’t positive through and through, because the agency dealing with the event hadn’t been really on hand. They didn’t tell us that we had been chosen, but we find it out checking the web site. However, the same happened to other brands. Nevertheless, the really positive aspect of this experience was that we met Livia Firth, Colin Firth’s wife, who all along supports a more ethic and conscious way of living. She will wear one of our creations.

Lately, it seems that even in the high ranks of fashion, they are trying to give a more eco vision of the industry. Among them, Stella McCartney, whose brand doesn’t use leather, furs or exotic hides. Do you think this is just a strategy to appeal to consumers more sensible to this topic, it is just a temporary trend or do you think she really wants to develop an eco-sustainable style?

Of course I believe this is a marketing gimmick. But I am not unfavorable. First of all, because it means that big companies need to start to make those products, and this is because of popular demands, otherwise they wouldn’t fund in this trade. I think this is partially positive because I wouldn’t go far, only by myself. Whereas if these big brands, well known in the global market, deal with this topic, they could effect a raising awareness. Even just selling a non eco-sustainable product that transmits eco-sustainability. On the other hand, what I disagree with is the green washing, which means to broadcast things that are not exactly in the way they say. To have an eco-sustainable bag, is not enough using the eco-leather. It is important to beware to particular precautions during the production chain. Of course these would require bigger investments.

Which difficulties have you encountered?

We met up with lots of difficulties. Especially in researching the materials. For example, we had to face with looking for a cork flexible and sturdy at the same time. We consulted some experts. Another example is when we searched for a natural method to waterproof paper. After, we discovered some special resins used in the restoration works. Although we had to compromise a little, to avoid high-camp costs in the manufacturing, we are proud of succeeded in 90% eco-sustainable bags production. And if other little enterprises, just like us, would keep testing and researching too, maybe in a not so distant future it would be possible to modify the entire production chain. Maybe it could be possible to make 100% eco-bags, why not? I believe revolutions start from grassroots, after all.

Do you feel you are pioneers in this field? 

No, I don’t. We have been working in this trade since people talk about eco-fashion, even if it isn’t a practice yet. In our opinion, Pietra Pistoletto is a real pioneer. Her father, Michelangelo Pistoletto, is a leading figure of the Arte Povera movement. For several years, she has been working on recycling in the fashion by making clothes and jewelry. Therefore she has shifted in fashion what her father did in art. And she started before this became a topic that could raise any kind of interest.

Are you thinking about developing a new handbags’ collection, made with other materials? Or are you still focused on how to use cork to its full potential? 

Well, at present time we would like to wide our products range, including charms or Ipad covers. So, we could have a different target and we would be able to cover all the age groups. However, at the same time we should start to design bags in different materials, because the probationary period and the time to do research is long lasting. 

The Walkman Magazine’s aim is to give space and visibility to emerging youth, in every artistic field. What would you recommend to those who decided to invest their life in creativity?

I think they really have to try. Because those who have will, strength and talent, surely will succeed. However, I don’t want to mislead young people, because you bump into a lot of difficulties. Moreover, it is true that not always who succeed is better than the others. Maybe he is just luckier. 

Traduzione a cura di Daniela De Angelis