Pakkio Sans, dj e produttore italiano, presenta Pink Illusion, il primo brano della sua nuova etichetta discografica P COLOR.

La pandemia, i tempi distesi e le finzioni con cui dobbiamo confrontarci. I colori delle emozioni. I punti di vista e i punti di svolta. Cosa significa fare musica e condurre la propria ricerca musicale in un periodo in cui tutto sembra un’illusione?

Abbiamo incontrato Carlo Pacioni, in arte Pakkio Sans, tre anni fa, scoprendo una musica colorata e densa di emozioni. A distaza di tre anni e in occasione dell’uscita di Pink Illusion, ultimato e mixato presso Waveforms Studio di Andro,produttore e tastierista dei Negramaro, Pakkio Sans ci racconta come sia evoluto il suo percorso professionale ed umano, la sua nuova etichetta, e un nuovo brano dai toni rosa.

Ciao Pakkio Sans! Ci siamo incontrati la prima volta tre anni fa. Sei un artista diverso da allora? Cosa è cambiato? 

Ciao! Sono cambiate tantissime cose! Ho fatto tante esperienze nuove, viaggi e ho avuto esperienze personali e lavorative molto forti. 

Per quanto riguarda il me artista sicuramente è cambiato il mio approccio nei confronti della musica, specialmente nella produzione, ora ho sicuramente più disciplina e riesco a finalizzare meglio le mie idee, penso sia dato oltre che dall’esperienza, anche da un diversa consapevolezza di sé . 

I miei gusti musicali sono diversi, sono più maturi e il mio ascolto è diventato più profondo, non che prima non lo fosse, ma ora la mia sensibilità da ascoltatore riesce ad entrare più velocemente all’interno di un progetto musicale o di una singola traccia, riesco a percepire meglio quei dettagli che per me sono diventati fondamentali.

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Raccontaci le esperienze che più ti hanno entusiasmato negli ultimi anni.

Se parliamo degli ultimi 3 anni, sicuramente la parentesi New York e successivamente la tournée in Messico che è durata circa 1 mese e mezzo. 

La nascita della mia etichetta discografica e anche il trasferimento a Ibiza, che anche se è stato duro inizialmente mi ha aperto molto gli occhi e mi ha dato il la’ per aprire l’etichetta discografica, che infatti ha preso concretezza nella mia mente proprio mentre ero in Spagna e una volta rientrato in Italia, mi sono messo a lavoro per far partire il tutto.

Il 15 gennaio è uscito il tuo nuovo singolo. Il primo lavoro in un anno carico di aspettative. Vuoi raccontarci di questo lavoro? 

Pink Illusion è la traccia che dà un volto nuovo alla mia musica, mi sembrava giusto farla uscire in questo periodo, non volevo fare uscire una cosa troppo dura, ma qualcosa più per l’ascolto.

Pink Illusion è nata circa 1 anno e mezzo fa, ed è stata una traccia che sotto un certo punto di vista ha richiesto molto lavoro, specialmente nella fase finale. Penso proprio perché era una cosa diversa ed era giusto trattarla con una sensibilità differente. 

Alcune cose penso di averle capite proprio mentre ci lavoravo e sperimentavo, ti parlo anche a livello di sonorità, più ci lavoravo, più ero dentro e più capivo. 

Con quello che è successo nell’ultimo anno mi sembrava giusto uscire con questa traccia, non era nei piani, anzi. Il piano era uscire con qualcosa di forte, duro, con altre intenzioni. E invece cambio di rotta, ha convinto tutti e siamo partiti. 

Anno nuovo, nuovi obiettivi. Ho scelto il rosa per due cose, la prima perché io do sempre colori, forme e figure a sensazioni e stati d’animo. Con la mia musica lo faccio continuamente:

Di che colore oggi è il cielo? Dai tu la risposta. 

La seconda perché il pezzo parla di una persona che rimane bloccata nel pensiero di un rapporto affettivo, dove l’unica cosa che lo lega sono le immagini e le idee che si manifestano nella propria mente, che in realtà non sono reali, la nostra mente è dannatamente contorta su questo.

Ed io ho voluto dare un nome preciso a tutto ciò, ‘Pink Illusion’, un’illusione rosa, una bolla, che non ti permette di vedere oltre, di vedere fuori le cose come realmente sono, sono filtrate da questo velo, che non ce le fa vedere per quelle che sono.

Cos’è per te l’illusione? 

Un’illusione per me? Ti scrivo un piccolo pezzo di una delle mie poesia preferite del poeta spagnolo Pedro Calderon de la Barca:

“Qué es la vida? Un frenesí. Qué es la vida? Una ilusión, 
una sombra, una ficción; y el mayor bien es pequeño; 
que toda la vida es sueño, y los sueños, sueños son”

Il 2020 è stato un anno intenso, per tutti noi. La musica e lo spettacolo, tra i settori più colpiti da questo ribaltamento della realtà. Eppure tu hai fondato P COLOR, la tua etichetta discografica. Stiamo parlando di un progetto figlio della pandemia o di un percorso culminato proprio lo scorso anno?

P COLOR è nata il 17 gennaio 2020. Non è assolutamente figlio della pandemia, eravamo già pronti a dicembre, ma abbiamo deciso di partire con l’anno nuovo. Il punto è che abbiamo cambiato completamente le carte in tavola. 

Il nostro settore è stato completamente asfaltato, l’arte in Italia è quasi un problema, perché ci sono sempre meno persone che ne hanno cura e quelli che dovrebbero  tutelarla, non hanno la sensibilità e le capacità giuste. Il tutto è stato affrontato davvero nel peggiore dei modi.

Ho letto delle cose oscene a riguardo, sembra che non ci sia quasi distinzione,  chi parla di del nosro settore mischia tutto con tutto e alla fine non si capisce nulla e non si colgono mai i problemi nel profondo, così anche le risposte sono più difficili da trovare.

Non ti nascondo che io mi sono assunto tante responsabilità, nell’ultimo anno ho dovuto  fare i conti con me stesso. Quando succede qualcosa di pesante che sia a livello familiare o lavorativo come in questo caso, ho bisogno di stare in silenzio e pensare, 1 giorno, 1 settimana, 1 mese. Ho bisogno di prendermi del tempo per pensare e capire. 

C’è bisogno di molta lucidità per affrontare determinate cose al meglio e per me era fondamentale avere a fuoco tutto per poter mantenere l’entusiasmo alto, le idee chiare e precise, fare,  senza disperdere troppe energie, sparare e prendere l’obiettivo

Come hai vissuto emotivamente e creativamente il lockdown?

Bene, male, bene, male. Emotivamente ho avuto un calo, quando forse ho capito che le tempistiche sarebbero state molto più lunghe e che non ne saremmo usciti subito.

Creativamente mai! Anzi, i miei sensi sono più affilati e penso che sia dovuto proprio da questo periodo.

Sai, quando sei in giro tra eventi e altro, poi quando torni in studio, hai sempre bisogno di un po’ di tempo per ritrovare la giusta concentrazione. Ora invece è sempre lì, a mia disposizione. 

Questa è una cosa che mi piace tanto, vorrei essere sempre così, avere sempre il focus così alto.

Il tuo settore artistico dovrà essere differente per riprendersi nel corso del 2021? Cosa pensi dovrà cambiare?

Tante cose, i problemi c’erano già prima, ce n’erano anche tanti. Solo che ora sono usciti allo scoperto e bisogna affrontarli.

Chi è stato nella terra di mezzo farà fatica a riprendere, chi invece ha lavorato costantemente non avrà secondo me problema a ripartire. 

Chi fa questo lavoro non può permettersi di pensare solo all’oggi, ma deve avere una visione molto più ampia, organizzare l’oggi per un futuro lontano, deve essere tutto in funzione di qualcosa di più grande, i passi che facciamo devono aiutarci ad arrivare ad un obiettivo che non sia fine a sé stesso. 

I club secondo me devono ripartire da resident forti sotto il punto di vista musicale,  che hanno piena capacità di giostrare la serata senza bisogno di un “big name”,  gli ospiti come in tutte le cose devono essere delle cose in più, un valore aggiunto, ma bisogna avere dei padroni di casa in grado di guidare la macchina al meglio.

Bisogna circondarsi di professionisti, nell’ultimo periodo ho visto sempre più persone avere mansioni, senza avere le giuste capacità, ti parlo sempre per quanto riguarda il club.

E si deve essere aperti a collaborazioni, collaborare è una parola forte, ora più che mai se vogliamo ripartire e farlo bene, c’è bisogno di collaborazioni ed essere aperti mentalmente e umanamente parlando, mettere da parte un po’ l’ego e avere le antenne ben puntate.

Quali sono i tuoi obiettivi da qui ai prossimi tre anni?

Sicuramente quello di affermare maggiormente l’etichetta discografica e ampliare gli orizzonti, lavorando con realtà diverse e allargare il bacino di artisti. Creare un punto di connessione, uno studio che lavori a tutto tondo per la label, questa è una cosa che c’era già nei nostri piani, ma che abbiamo dovuto un attimo accantonare proprio per quello che è successo. 

Un altro obiettivo è quello di fare un’agenzia che si occupi degli artisti a 360°. Per dare maggior supporto all’artista nel proprio percorso, circondandolo di professionisti giusti che possano aiutarlo nel lavoro e nella crescita personale.

Infine, lo step successivo, quello legato agli eventi, una volta raggiunta una certa credibilità abbiamo intenzione di creare degli showcase. Il passo grosso grosso però non lo possiamo dire.

Per concludere, rivelaci di che colore ti senti oggi e che suono ha.

Oggi ho delle tonalità di blu, ultimamente è un colore che è molto presente nella mia vita, anche se non è tra i miei preferiti. Il suono è quello di un pad leggero che si apre piano piano, con un piattino in sedicesimi che va da destra a sinistra e viceversa, continuamente.

Una voce leggera, bassa. Che vorresti fosse più alta per sentirla di più, ma invece è li,  perché devi farci attenzione e non basta solo alzare il volume.

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