Rimanere a casa è stata l’imposizione a cui abbiamo dovuto sottostare in questi mesi. Dentro le nostre abitazioni, qualunque esse fossero. In compagnia o da soli. Con un’unica presenza certa: noi stessi.

Si è notevolmente discusso negli ultimi anni di come i ritmi della società contemporanea non lascino spazio e tempo a quelli individuali, anzi di come l’uomo si trovi a dover correre, per restare al passo con il contesto che lo circonda.
Questa interruzione forzata è arrivata senza preavviso, e non facendo i conti, forse per l’ennesima volta, con i reali bisogni individuali. Non era evidentemente questo il suo compito, ma cercare di preservare il bene comune.

Quando Francesca Papi e Anna di Stabile mi hanno parlato della loro idea, ho voluto subito partecipare e dare il mio contributo. Da una chiamata fra amiche è nato Inside Home.
Volevamo trasformare un momento di costrizione in qualcosa di prezioso.
Scherzavamo sul fatto di sentirci così immobili, da poter far parte dell’arredamento. Vivevamo questa attesa indefinita e nello stesso momento ci sentivamo estraneate, per questo motivo, dai nostri corpi.
È dallo stato di no sense in cui ormai ci sentivamo annegare però, che abbiamo capito si potesse scatenare quello che i greci chiamavano καιρός, il momento opportuno.

Per una volta l’attesa, la nullafacenza e l’immobilità potevano trasformarsi nel motore della catarsi. Perché se c’era stato negato il contatto umano, in fondo c’era stata concessa l’opportunità di instaurare il rapporto più duraturo e importante di tutti, quello con noi stessi.

Questo progetto è quindi più un invito, a uscire fuori dalle cose per poterle comprendere fino in fondo e soprattutto a ricordare che non si perde mai tempo se si è appreso come valorizzarlo.

Un’immagine mi è spesso tornata in mente ultimamente e riguarda la concezione africana del tempo.
Ryszard Kapuscinski nel libro Ebano descrive il suo viaggio nel continente africano. Da occidentale rimane colpito dall’impossibilità di poter programmare i suoi spostamenti, perché gli autobus che lo condurranno nelle varie destinazioni non partono secondo orari stabiliti, ma quando ci sarà un numero adeguato di persone per poter iniziare il viaggio.
Ho provato un senso di angoscia negli anni, ogni volta in cui ho ricordato questo passaggio del libro.
Ora, però, saprei come sedermi su quell’autobus.
E, dopo questa esperienza, speriamo anche voi.