Ridendo, Flavio, ci racconta che molti non sanno nemmeno che con la chitarra si possa suonare musica classica. Invece viene molto bene, e lui ne è l’esempio! Flavio Nati, a soli 24 anni, ha studiato in alcuni dei luoghi più prestigiosi al mondo, esibendosi da solo o in ensamble, qui in Italia e all’estero. La chitarra è il suo strumento. E’ un giovane talentuoso, anche se non crede nel talento, preparato, appassionato, che ha scelto la musica anziché l’università, più che convinto che ne sia valsa la pena. The WalkMan vi propone la sua intervista.

Questa forse sembrerà una domanda quasi d’obbligo quando si ha davanti un ragazzo molto giovane che però vanta già un curriculum di tutto rispetto: com’è nata la passione per la chitarra? La scelta dello strumento è stata casuale o hai ricevuto una “spinta” da qualcuno?

Alle elementari, come tutti, suonavo il flauto e la mia insegnate di musica, parlando con mia madre, le disse che ero portato; si parlava però di strumenti a fiato. In realtà, già precedentemente, alla festa di un mio amico, avevo trovato una chitarra e mi ero messo lì a cercare di capire come funzionava, come si modificava il suono, mentre gli altri bambini giocavano. Volevo capire come nasceva questa magia. Avevo otto anni e ho incontrato questo insegnante molto bravo in una scuola vicino casa che aveva dei corsi di pianoforte e di chitarra. Facevo però molte altre cose. Piano piano il mio maestro ha iniziato portarmi ad alcuni concorsi, per i quali dovevo preparare diversi brani. Infine a quattordici anni ho conosciuto un altro insegnante, docente del Conservatorio, ed ho iniziato un diverso tipo di studio. I corsi estivi però sono stati quelli che mi hanno più formato: quindici giorni in cui suoni solo la chitarra, stai a contatto con la classe, senti gli altri studiare e hai uno stimolo bello.

Un’altra scelta importante è stata quella di entrare al Conservatorio di Santa Cecilia. È stato un passo spontaneo? Quali cambiamenti ha comportato nella tua vita?

Subito dopo il liceo, non sapendo ancora bene cosa fare, in quanto la chitarra, sì, è stata sempre una grande passione ma, soprattutto per i miei, avrei dovuto affrontare un altro percorso (università, lavoro, eccetera), ho deciso di provare ad entrare al Conservatorio di Roma, dove le classi di chitarra sono tutte strapiene ed il sistema è bloccato. Per un anno mi sono anche iscritto all’università. In Conservatorio ho conosciuto un altro insegnante, Arturo Tallini, con cui sono ancora in contatto e che si è focalizzato maggiormente sulla didattica della musica contemporanea. È stato molto formativo in quanto il mio precedente docente possiamo dire che fosse più di stampo classico e la formazione che ho ricevuto è stata molto consequenziale: inizi con la tradizione e a livello più avanzato arrivi ad una dimensione sperimentale. Sono entrato al sesto anno e dopo tre anni mi sono diplomato. Sono stato molto bene, l’ambiente è bello anche se un po’ disorganizzato, ho trovato docenti bravissimi e di alto livello. La mia routine, quella che ancora seguo, è dovuta allo studio effettuato per preparare il diploma: studiare tutto il giorno per arrivare ad un programma piuttosto complesso. Anche lo schema mentale che ho dovuto crearmi da solo è stato formativo e lo seguo ancora oggi quando ho qualche concorso.

Dopo il diploma nel 2012 entri a far parte di un altro conservatorio molto importante, quello di Maastricht. Come sei approdato in Olanda? Hai avuto difficoltà nell’ambientarti?

Sono tornato a giugno dopo aver studiato lì un biennio, tra l’altro con un insegnante di Roma che avevo conosciuto durante alcune master class che aveva svolto qui. Ho pensato che fosse una buona occasione ed un  bel posto dove studiare all’estero. Sono stato molto bene, sia dal punto di vista umano che di studio. Non ho trovato particolari difficoltà anche perché lì l’inglese è parlato tranquillamente come se fosse la prima lingua, addirittura la vecchina al mercato lo parla correntemente! Maastricht è una città fin troppo tranquilla, piccola, che funziona come deve, si va in bicicletta, è molto a misura d’uomo. Purtroppo lavorare è stato un po’ un problema.

Attualmente studi anche all’Accademia Chigiana di Siena, una delle più prestigiose al mondo. Cosa significa questo per te?

È fantastico! Siena è una città stupenda, molto viva. L’Accademia è bellissima, a partire dalla struttura: sembra di entrare in un museo. L’aula dove si fa lezione è una pinacoteca, tant’è che bisogna stare anche al buio per non rovinare i quadri. Gli insegnanti sono tutti di altissimo livello. È uno dei posti dove in Italia la chitarra è entrata prima del Conservatorio, anzi è stato proprio uno dei motivi per cui è stata ammessa altrove. Anche se bistrattata, la chitarra, è  uno strumento antichissimo, con Beethoven al pianoforte suonavano anche i chitarristi, pure se poi c’è stato il predominio di altri strumenti. Alla Chigiana tutto è allo stesso livello e far parte di questo mondo che ha segnato la storia della chitarra in Italia è fantastico. Ho trovato un insegnante molto aperto, proiettato verso il futuro. Il corso dura un mese, ti ritrovi a stretto contatto con docenti e alunni, si diventa una grande famiglia, combinando lo studio e l’aspetto umano. Sono andato per la prima volta nel 2011 e poi sono ritornato l’anno successivo e ancora quest’anno. Dopo quattro anni si ottiene un diploma.

Prima di passare a parlare di musica in senso stretto, so che sei uno dei fondatori dell’Associazione Culturale Arte2O e sei anche membro dell’ottetto Supernova. Parlaci di queste esperienze.

Arte2O è stata una bella parentesi degli anni del Conservatorio, io ed altri colleghi volevamo riunire artisti di vario genere. A parte corsi pomeridiani di musica  in varie scuole e licei, abbiamo partecipato a diversi eventi legati al mondo della musica classica e ad altre forme di arte. Dopo il diploma ognuno ha preso la propria strada ma l’associazione continua ad esistere e la scuola di musica procede bene. Supernova è stata un’idea di Arturo Tallini, il mio maestro di Conservatorio, che ha deciso di unire otto talenti del panorama giovanile italiano della chitarra. All’inizio ci siamo dovuti conoscere, ognuno aveva la propria formazione e veniva da un ambiente diverso; piano piano stiamo creando un gruppo ed il progetto sta diventando molto bello. E’ da poco uscito un video tratto da un concerto che abbiamo fatto, che è servito da lancio vero e proprio. Suoniamo soprattutto musica contemporanea, passando dal minimalismo alla musica improvvisata, ci sono momenti gestuali o in cui parliamo, esplorando diverse possibilità. Il concetto portante è quello di non far diventare un ottetto di chitarre una tipica orchestra dove tutti devono suonare per forza. La chitarra è  uno strumento difficile da amalgamare ad altre, ma con tutti i colori che esistono si può generare una bella esperienza: ad esempio ci sono chitarre elettriche combinate con musica elettronica o ancora chitarre classiche suonate in maniera non convenzionale per creare effetti particolari.

Eccoci arrivati alla musica! Quali sono gli artisti che ti hanno influenzato maggiormente? Con chi ti piacerebbe collaborare un giorno?

In Conservatorio si studia fondamentalmente musica classica, anche se classica poi non è il termine corretto. A me sempre piaciuto un po’ di tutto e la fortuna che abbiamo noi chitarristi è quella di poter suonare musica veramente antica. Diciamolo che è nata prima la chitarra del pianoforte! Passo però anche ad un repertorio più contemporaneo, suonando brani composti solo pochi giorni prima. Non credo ci siano repertori belli o brutti, in qualsiasi periodo c’è musica di buona fattura, tutto sta nello scegliere le cose migliori e vedere ciò che lo strumento può fare. E anche nella musica scritta oggi è presente una forte componente antica, folklorica, vicina al popolo. Ci sono vari chitarristi che amo, uno su tutti è Marcin Dylla, chitarrista polacco secondo me fenomenale. Però, se devo essere sincero, mi è sempre piaciuto di più suonare con altri tipi di strumenti piuttosto che con altre chitarre, si ha la possibilità di parlare in maniera maggiore di musica, trascendendo l’aspetto meramente meccanico e tecnico.

Molto spesso per gli artisti, dopo la carriera solista, un passo quasi obbligato è quello dell’insegnamento. Cosa ne pensi? Ti piacerebbe un giorno?

L’anno del diploma ho insegnato, sia a bambini che a miei coetanei. Insegnare è qualcosa di assolutamente normale, lo fa anche il più grande chitarrista del mondo. Trovo invece che sia un modo per accrescere la propria esperienza, anche nel trasmettere qualcosa agli altri, è molto stimolante. Il top è quando ti trovi davanti qualcuno che aspira a qualcosa. Il mio sogno sarebbe insegnare in Conservatorio, anche se la vedo molto difficile perché attualmente è tutto bloccato, c’è difficoltà a ricambiare i docenti, si valutano le competenze sulla carta e non a livello pratico. Quindi vorrei iniziare dalle scuole medie ad indirizzo musicale, anche se non è propriamente il lavoro dei miei sogni. Privatamente certo uno si può muovere bene, ma entrare a livello statale sarebbe un’altra cosa. Diciamo che al momento però non è il mio obiettivo principale, mi piacerebbe pensarci ancora e concentrarmi sui concorsi ed i concerti.

Flavio, come alcuni tuoi coetanei che abbiamo avuto il piacere di intervistare, fin da piccolo ti sei rimboccato le maniche, hai studiato duramente e oggi sei una vera e propria promessa della chitarra classica. Perché non dai un consiglio a chi ha deciso di puntare su se stesso e sulle proprie abilità?

Sicuramente bisogna seguire la propria passione, senza diventa un lavoro impossibile! E poi bisogna non farsi scoraggiare. E’ un momento difficile, ma lo è per tutti, e questo è un mestiere bellissimo. E’ necessario poi trovare un insegnante valido, in grado di relazionarsi con te e con quello che tu vuoi fare, preparato ma anche disponibile a livello umano. E’ importante anche essere a contatto con ragazzi che fanno la tua stessa cosa, persino più bravi e in questo modo vedere dove puoi arrivare e sentirti stimolato. Il gruppo classe è molto importante anche umanamente. Io non credo molto nel talento, quanto nella forza di volontà, lo studio e l’impegno quotidiano non possono essere sostituiti.

 

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