BËGGËI è un’esplosione di energia, una carica di positività ruvida e coinvolgente. Un giovane volto italiano che sperimenta sound non convenzionali e nuovi livelli di empatia.

BËGGËI cambia la sua vita a 20 anni, dalla provincia alla città di Milano, ma non cede ai suoi cliché. Si iscrive alla RICREATIVE12, la migliore scuola per dj italiana. Coltiva la sua passione, che lo ha visto trasformars nel tempo: prima come ghostproducer, poi con la consapevolezza delle sue capacità e della sua volontà. Un percorso di studi, tecnica e dedizione tenace lo hanno condotto a costruire la sua personalità musicale ed artistica, un’identità complessa e fuori dal coro rispetto alla proposta italiana in campo del djing.

BËGGËI vive una Milano lontana dai lustrini e dai riflettori, si ciba dello spazio underground, cifra plasmante del suo essere artista e creativo, oltre la musica. Questa realtà milanese è fatta di giovani menti, idee geniali, nuovi componimenti e notti a base di Trap, Drum & Bass e cultura Indie: è la realtà di BËGGËI.

 

 

 

BËGGËI 02

Chi è BËGGËI , come nasce, qual è la sua storia e il suo background?
Ciao a tutti i lettori di The Walkman Magazine! Il mio progetto musicale nasce dopo un lungo periodo chiuso in studio a lavorare sui beat di altri come ghostproducer e a produrre veramente tanto. Bëggëi ha preso vita da solo, dopo alcuni mesi di lavoro avevo del buon materiale in mano che ho deciso di iniziare a pubblicare sotto questo alias, sentivo che il momento di mettermi dall’altra parte della scena era arrivato, mi piace il sound che sono riuscito ad ottenere e come sono venute le tracce che faranno parte di questo progetto. Ho iniziato molti anni fa, avvicinandomi alla musica elettronica, tra house, edm e dubstep. Ho capito subito che era la mia strada, dopo un periodo da autodidatta mi sono diplomato a Milano in una delle maggiori accademie di musica elettronica, è stato un bel salto, il momento in cui ho capito che le cose si stavano facendo serie. Negli ultimi anni ho sperimentato molto in studio con la Trap, la Dubstep e la FutureBass e questa è l’impronta del mio progetto, il sound che mi rappresenta e in cui riesco a dare il meglio della mia energia e la mia tecnica.

Cosa significa fare musica per te? Quanta tecnica e quanta espressività ricerchi nelle tue composizioni, con quale equilibrio?
Ho iniziato a fare musica perché amavo quello che mi trasmetteva ascoltare le mie tracce preferite, è un elemento della mia vita fondamentale e la maniera in cui mi riesce meglio comunicare. La musica poi è universale, e questa cosa mi stimola moltissimo, il fatto di non avere barriere nell’utilizzo dei mezzi, un disco non ha confini. Solitamente nelle mie tracce metto molto del mio stato d’animo, ma spesso cerco anche di interpretare sensazioni e storie altrui che mi hanno lasciato un segno. La premessa prima di mettermi a produrre è elaborare tutto con positivita’, la mia musica nasce per far divertire, per farsi viaggi in ricordi piacevoli, per scatenarsi, da ogni sensazione che mi spinge a creare elaboro sempre un’interpretazione carica di energia positiva.

Come definiresti la Trap?
La Trap ha una storia e una vastità di sottogeneri di cui purtroppo in Italia ancora fatichiamo a prendere coscienza. Io sono molto legato alla Trap, ho iniziato ad esplorarla qualche anno fa, quando ancora in Italia in pochi la suonavano o la producevano, amo il fatto che sia in grado di mantenere le sue caratteristiche riconoscibili e addentrarsi allo stesso tempo in diversi spiriti come l’hardtrap che si distingue per essere molto energica o la chilltrap che all’opposto invece si avvicina di più a sonorità da viaggio.

Qual è il tuo pubblico ideale, se c’è, e perché?
Uno dei motivi per cui ho deciso di mettermi dalla parte del produttore/dj è proprio quella che riguarda il rapporto con il pubblico. Sapevo, vedendo i feedback legati alle mie produzioni passate, che la mia musica può far divertire e che i miei set possono coinvolgere il pubblico e la pista. Il mio pubblico mi trasmette proprio la sensazione di essere lì per lasciarsi trasportare dalla musica che suono.

Cosa ne pensi del panorama musicale italiano e della nostra cultura del club?
Il panorama italiano è molto ampio, in particolare ci sono moltissimi artisti di musica house ed elettronica, come sappiamo bene nella techno ad esempio. Fortunatamente negli ultimi anni si stanno facendo notare anche nomi di producer e dj importanti che vengono dalla trap o dalla dubstep. Alcuni club italiani sono riconosciuti in scala internazionale, ma è la scena underground che spicca il volo in questo Paese.

Come racconteresti la tua città con un brano? Quale aspetto urbano senti più tuo?
Assolutamente un sound energico ma riflessivo, che faccia traspirare quell’atmosfera underground che si respira per i quartieri che ispirano la mia musica, e che sia accompagnato dalla magia brillante, quell’atteggiamento brillante che mi tiene in moto, sarebbe un brano poetico da big room.

Cosa consiglieresti a chi ha deciso di investire la propria vita nella creatività?
Sono dell’idea che chi decide di intraprendere questo percorso professionalmente sia cosciente del fatto che ci sia molto da lavorare. Non basta la passione ma anche la tenacia è fondamentale. Una volta che ci sei dentro può capitare di voler mollare mille volte, ci sono periodi in cui ti senti spento e non riesci a tirare fuori un pezzo che ti soddisfi, seguiti poi da mesi in cui magari in poco tempo tiri fuori 3 hit, è importante mantenere il controllo in questa altalena. Ed un’altra cosa fondamentale è la creatività, non può mancare la creatività in un’artista che voglia fare successo.

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