Angela Simonelli, architetto, food designer e scrittrice del libro “Tecniche di food design, impiattare con gusto e creatività “. Ama il bello in ogni sua declinazione e quando crea un piatto prova a trasformare anche una semplice crostata in una piccola opera d’arte.

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Angela Simonelli è una trismamma architetto che trova il tempo di stare in cucina tra un progetto e l’altro. Ha imparato a cucinare dalle sue due nonne, conservando nel tempo i ritagli di riviste di cucina e giocando con il Dolceforno più che con le Barbie.

Come mai hai deciso di intraprendere la strada del Food design?

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Tutto ha avuto inizio 3 anni fa, dopo aver preso la laurea in architettura, aver firmato un contratto a tempo indeterminato come architetto, essermi sposata, aver comprato una casa con un bel mutuo e aver avuto 3 figli, qualcosa dentro di me è iniziato a scricchiolare. Mi sono resa conto che mi ero allontanata dalla mia vera natura. Così comprai 3 libri di pasticceria molto complessi ed iniziai a fare delle torte moderne a strati provando una soddisfazione sempre maggiore nell’arrivare in fondo ad ogni ricetta. Poi cominciai a partecipare a dei contest di cucina sul web in cui, siccome avevamo a disposizione solo una foto e una ricetta da inviare alla giuria, provai a curare l’impiattamento e lo stylist della foto e, grazie alle numerose vittorie, mi convinsi sempre di più di quanto l’estetica in cucina rivestisse un ruolo importantissimo. Coniugando i miei studi sulla composizione, sulle strutture, sulla luce, sui colori e le texture con la cucina, che ho sempre amato fin da piccola, ho iniziato a progettare sempre più piatti invece che palazzi.

Qual è l‘impiattamento che più rappresenta il tuo essere architetto?

Tutti gli impiattamenti che si sviluppano in altezza, che sfidano la legge di gravità, perché sono così eleganti e tridimensionali che quasi non sembra di avere a che fare con del cibo. E poi quelli dove il colore degli ingredienti sprigiona voglia di mangiarli, perché ricordatevi che “si mangia prima con gli occhi “. Non ho un piatto in particolare cui sono legata, ognuno è importante per me, un po’ come i quadri per il suo artista.

Quali sono le caratteristiche che deve avere un bravo Food designer?

Sicuramente deve essere una persona molto curiosa, amante dell’arte e della fotografia, che abbia voglia di sporcarsi le mani e bruciare un pò di padelle per riuscire a preparare quello che inizialmente è solo un progetto su carta, che sia attratto dalla cucina e dai grandi chef.

Come scegli la disposizione degli ingredienti che andranno a comporre il tuo piatto?

Parto sempre da un’ispirazione che poi si tramuta in uno schizzo, un disegno. Sia essa un’elemento natuale o un’architettura. Poi passo ai colori, ai volumi, le consistenze per poi arrivare agli ingredienti. Insomma faccio il lavoro inverso di quello che farebbe uno chef. Se decido per esempio di impiattare un piatto di spaghetti tutti rosa penso solo successivamente a quali pietanze utilizzare per ottenere tale colorazione, che non sarà solo fine a sé stessa perché oltre che gli occhi dovrà deliziare anche il palato.