Ultraviolet è l’ultimo lavoro di Kelly Moran, uscito lo scorso novembre per la Warp Records. Della durata di circa 45 minuti, l’album è un flusso parabolico che descrive i suoni della natura e mostra gli aspetti che più caratterizzano l’idea di composizione della musicista.

Ultraviolet rappresenta la sintesi degli studi e delle esperienze della compositrice. Kelly Moran cresce a Port Washington, New York, e inizia lo studio del pianoforte a soli sei anni. Si laurea in Performing Arts Technology all’ Università di Michigan- Ann Arbor, dove ha studiato pianoforte, ingegneria del suono e composizione. Dopo la laurea torna a New York, dove l’aspetta una ricca vita artistica fatta di sperimentazioni elettroniche, di concerti in qualità di bassista e tastierista ed anche di collaborazioni con compagnie di danza.

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Kelly Moran è sempre stata attratta dalla musica scevra dai condizionamenti dati dai generi: a 15 anni l’artista si cimenta nelle prime sperimentazioni elettroniche, seguono collaborazioni nel mondo rock, metal, jazz e punk. In veste di pianista, ha tenuto un gran numero di recital, dedicandosi al repertorio contemporaneo, con particolare attenzione alla tecnica del pianoforte preparato. Questa tecnica risale a prima di John Cage -reputato in massa l’inventore del pianoforte preparato-, quando Henry Cowell in brani come Heolian Harp sperimentava gli effetti sonori che scaturivano dal suonare direttamente le corde dello strumento. La tecnica del pianoforte preparato prevede, appunto, la “preparazione” dello strumento che consiste nel posizionare diversi oggetti- vari per forma, peso e soprattutto materiale- su o tra le corde. Suonando i tasti, le corde vibrano insieme agli oggetti che modificano il timbro del suono producendone uno alterato, decisamente più percussivo rispetto a quello tradizionale del pianoforte.

La tecnica del pianoforte preparato consiste nel posizionare diversi oggetti su o tra le corde. L’effetto finale è quello di un timbro insolito, andando a esaltare l’aspetto percussivo del pianoforte.

Dopo aver autoprodotto nel 2016 il suo quarto album Optimist, l’anno successivo Kelly Moran produce Bloodroot, pubblicato su Telegraph Harp, e viene notata da Daniel Lopatin, in arte Oneohtrix Point Never. Entra così a far parte del gruppo che lo accompagna nel progetto live di Age Of, MYRIAD. Nel novembre del 2018 la leggendaria Warp Records, etichetta discografica che ha pubblicato artisti del calibro di Aphex Twin, Boards of Canada, Autechre e Squarepusher, edita l’ultimo lavoro della pianista, sconvolgendo come sempre le dinamiche legate alle tendenze e valorizzando così l’ultimo lavoro della Moran. 

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Su 100 recensioni da pubblicazioni mainstream, l’album ha ricevuto un punteggio medio di 81. Philip Sherburne di Pitchfork Media scrive “è elettrizzante. Le frequenze volano, come gocce di pioggia soffiate da raffiche di vento.”

L’artista newyorkese riesce in questo album a sintetizzare il concetto di pianoforte al giorno d’oggi. L’ispirazione parte certamente dal pianoforte preparato di John Cage ed è permeata da atmosfere ambient che ricordano quelle di Nils Frahms e Olafur Arnalds, ma anche incuriosita da uno sperimentalismo melodico come quello del tedesco Hauschka che anche utilizza nelle sue composizioni il pianoforte preparato. Degno di nota è la terza traccia dell’album, Water Music, un’oasi lirica in cui si possono ascoltare le lontane progressioni di Debussy e i colori dei suoni che si dissolvono come in un quadro di Renoir.

Il magazine britannico Loud and quiet descrive Ultraviolet come “un’ibrida fioritura di un disco dal sapore esotico: spinosa ma morbida, loquace ma concisa, inesorabilmente modernista ma anche accogliente, sognante e lussureggiante”.

Al di la della musica stessa, Kelly Moran ha con gusto, femminilità e tecnica espresso la musica dei nostri giorni scrivendo per uno strumento come il pianoforte, riuscendo a restituirgli una emozionante voce, ad ampliarlo con la tecnica del pianoforte preparato e di completarlo, fornendogli suoni e tecnologia che rispecchiano il nostro secolo.

Tra una traccia e l’altra di Ultraviolet scorre innegabilmente ciò che secondo Agamben rispecchia il significato di contemporaneo oggi: “è veramente contemporaneo colui che non coincide perfettamente con il suo tempo, né si adegua alle sue pretese ed è perciò, in questo senso, inattuale; ma, proprio per questo, proprio attraverso questo scarto, egli è capace più degli altri di percepire e afferrare il suo tempo. […] La contemporaneità è, cioè, una singolare relazione col proprio tempo, che aderisce a esso e , insieme, ne prende le distanze; più precisamente, la contemporaneità è quella relazione col tempo che aderisce a esso attraverso una sfasatura e un anacronismo.”