Quello dei Nomadi Digitali è un fenomeno in espansione e che ci riguarda tutti: con il Covid, anche solo per un attimo, molti hanno pensato di diventarlo. I più intraprendenti ci sono riusciti, iniziando a muoversi piuttosto che rimanere fermi.

La storia di Giordano e Flavio racconta di due nomadi digitali simili, per provenienza e mentalità, seppur diversi nel modo in cui esserlo. Con la loro esperienza proviamo a delineare l’identikit di questi lavoratori girovaghi, uniti dall’abitudine di surfare, mai come nel loro caso, sulla superficie del mondo.

Entrambi di Roma, Giordano lavora come Disaster Risk Manager e Climate Resilience Specialist per Business Resilience 360° con base a Istanbul, mentre Flavio è Business Developer, Ricercatore e Consulente presso la Cooperativa èCO di Roma. Da alcuni mesi si sono stabiliti a Baleal, in Portogallo, affacciati sull’Oceano Atlantico. 

Giordano ha avuto l’idea di andare in cerca del suo posto di lavoro, inteso come luogo giusto dove lavorare a distanza. “Inizialmente avevo puntato lo Sri Lanka, poi un amico mi ha consigliato Baleal, un paesino pieno di nomadi digitali. Avevo dei punti fermi da cui partire: essere sincronizzato con il fuso orario di Istanbul, riuscire a vivere con lo stipendio turco e, soprattutto, surfare. Casualmente su Instagram ho trovato la casa, a due passi dall’Oceano e con l’idromassaggio sulla terrazza: l’ho presa subito!” 

Poi si è aggiunto un +1, Flavio. “La cooperativa sociale in cui lavoro era già impostata sullo smart-working. Ho detto al mio capo – se vado a lavorare da un’altra parte è un problema? – lui mi ha risposto – no, beato te! – A quel punto non avevo più scuse. Sono partito a metà Marzo ed è la decisione migliore degli ultimi tempi.”

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Gran parte della loro quotidianità da nomadi digitali è basata sul surf: le maree danno il trend della giornata. E questo ritmo scandito dalle onde rende Flavio molto più produttivo. “Mi organizzo il lavoro come preferisco e appena possiamo andiamo a surfare. Paradossalmente ho meno distrazioni: qui siamo noi, il surf e poco altro. Voglio sbrigarmi a finire le cose di lavoro perchè poi voglio andare a surfare!”

Giordano invece ogni tanto interrompe tutto per buttarsi nell’Oceano. “Quando ci sono le onde a volte vado a sfogarmi e poi mi rimetto a lavorare. La pausa ti ricarica, ti sembra di aver fatto un salto in vacanza mentre lavori.”

I nomadi digitali, per definizione, non si stabiliscono in un punto. Così facendo, inevitabilmente, tagliano le radici per poi andare a coltivarle da altre parti e poi muoversi ancora.

Per Giordano tutto è partito dallo studiare in Svezia. “La cosa più dolorosa è andare via. Dopo la triennale ho innescato un ciclo che non ho mai interrotto: non sono mai stato in Italia per più di due mesi. Cercare di connettersi di nuovo e poi tagliare quella connessione stancava me e quelli intorno. Ho capito che ormai le cose sono andate così, voglio godermi questo nomadismo finchè posso farlo. Ho poche radici a Roma e tanti germogli diffusi per il mondo: un po’ fa male, ma è bello avere queste persone sparpagliate in giro.”

Per Flavio invece tutto è riconducibile alla Danimarca, un’esperienza spartiacque. “In quel periodo mi è mancata tantissimo Roma, le radici. Ho pensato di non voler vivere la mia vita lontano dalla famiglia e dagli amici. Da lì sono rimasto legato a Roma, anche fisicamente, andando ogni tanto via, in Senegal, nuovamente in Danimarca, da un mio amico in Romania, poi con il Covid mi sono fermato e adesso sono qua. Mi vedo a fare una vita basata a Roma con dei periodi, anche relativamente lunghi, da altre parti. La cosa che soffro di più quando sono via è la mancanza dei legami che ho lì.”

Prima di intraprendere una vita del genere c’è bisogno di molta immaginazione per pensarsi in un altro contesto.

Giordano nel corso degli anni ha cambiato approccio. “All’inizio cercavo di vedere cosa ci fosse dall’altra parte del tunnel prima di partire, poi quello che trovavo era completamente diverso. Così ho deciso di buttarmi e basta, senza il rischio di chissà quali aspettative. In questo caso è stato un salto nel vuoto.”

Flavio invece si vive diversi stadi emotivi, un percorso di ansia fino alla meta. “Io avevo qualche spoiler sulla vita qui, l’hype era alto ma non sapevo cosa aspettarmi. La settimana prima di partire non ho dormito, il giorno della partenza avevo la tachicardia. Poi durante il viaggio stavo a cannone, non vedevo l’ora. Sono arrivato ed è stato pazzesco.”

Nella vita da nomade si palesa l’importanza delle persone, che spesso hanno il merito di rendere casa qualsiasi luogo nel mondo. 

“L’idea che mi ero fatto era di venire qua da solo, a fare l’eremita, divorare libri e a surfare. Poi ho fatto amicizia con due ragazze svedesi e un ragazzo olandese, si è creata un’aria da surf house. Dopo si è aggiunto Flavio e devo ammettere che se fossi stato da solo non me la sarei vissuta nello stesso modo. Rispetto alle relazioni è un po’ più complicato perchè non è semplice fare questa vita in coppia. Magari si creano situazioni con altri nomadi digitali, con cui viene naturale uno stare insieme senza pretese. Poi si vedrà come farlo evolvere.”

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Per quanto magico, anche questo periodo dovrà finire e, da bravi nomadi, torneranno a muoversi.

Flavio cerca di non pensarci. “La fine di questo periodo la circumnavighiamo, non abbiamo il coraggio di affrontarla di petto. Stiamo troppo bene qui e non vogliamo pensare a quando finirà. Per l’estate tornerò a Roma, starò un po’ a casa. Certo, la consapevolezza che ‘sto pazzo va in giro a inseguire le onde e io posso raggiungerlo non mi dispiace.”

Giordano al ritorno a casa ci pensa meno, lui asseconda un moto interiore che lo porta ad esplorare. “Inseguo uno stile di vita sostenibile e che mi fa stare meglio. Adesso sto capendo dove andare dopo, perché qui ora che è finito il lockdown inizia ad affollarsi. L’estate mi troverò un altro paese, probabilmente fuori dall’Europa. Rincorrerò altre onde, il surf è la mia stella polare! Se avessi la mappa del mondo davanti senza nessun parametro avrei troppa indecisione. Mentre rimanere nel range della Turchia, in un posto caldo, dove fare surf, mi agevola la scelta.”

Oltre le infinite possibilità che apre lo smart-working e la bellezza di una vita costruita su benessere e piccoli piaceri, quello che delineano le loro storie sono due modelli differenti, due possibili approcci al nomadismo. Quello di di Flavio ha un centro fisso, un raggio che ogni volta si disegna e torna indietro. Per Giordano, invece, è una linea che corre e cambia direzione senza tornare indietro.

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