Giancarlo De Carlo ammetteva che l’Architettura fosse “troppo importante per lasciarla agli architetti”. L’Architettura è di tutti, è per l’uomo e per il suo tempo, deve accoglierlo a sé lasciarlo libero di esprimersi.

Troppo spesso si vede a questa disciplina come la pratica di una scienza esatta e distaccata dalla realtà e dalle problematiche concrete, ma quello a cui si pensa di guardare non può essere considerato operare architettonico. Come afferma Steven Holl in Parallax, in parte è vero, l’Architettura è scienza, ma per metà è anche sensazione: queste due discipline così lontane tra loro possono incontrarsi solo nel campo architettonico, uno spazio che dialoga con la razionalità e il sogno.
Il mestiere dell’Architetto ha un’alchimia particolare: il suo lavoro nasce nel mondo delle idee, nell’astratto, per poi diventare concreto attraverso la pratica tecnica. La tangibilità dell’Architettura nasce dalla libertà.

Essere lo scenario del quotidiano, essere perfetta per il suo abitante, è questa la vocazione dell’Architettura: vivere. L’Architettura degli interni studia ogni esigenza, ogni dettaglio della vita dell’uomo, senza imporsi. L’infinita ricchezza di una pratica progettuale che non si piega mai all’ovvio, al banale, rifiuta l’idea di un’Architettura intesa come esercizio formale lontano dai bisogni e dalle necessità materiali e spirituali degli uomini che la abitano. Bisogna dialogare con le proprie idee e con le esigenze concrete evitando di essere invasivi, di legarsi a linguaggi a priori, di anteporre il proprio ego nel disegno di una soluzione. Creare un’idea che ci rappresenti non significa strumentalizzarla.

La libertà è la condizione prima per produrre la giusta Achitettura: uno spazio, così come un’idea non possono essere imposti. L’uomo deve essere capace di muoversi e pensare liberamente nello spazio e questo è possibile solo attraverso un ambiente che non contragga i suoi sentimenti e il suo desiderio di espressione. Non esistono regole a priori, non esiste l’uomo benestante delle Parole nel vuoto di Adolf Loos che abbina la vestaglia alle tende disegnate dall’architetto della sua casa: esiste la vita, la libertà, esiste il desiderio di mettere un quadro kitsch nel proprio salotto minimal.

L’Architettura è fatta di materia, è concreta, ma è fatta anche di luce, di vuoto, di suoni, di emozioni. Il fatto che sia una pratica visibile non implica la sua imposizione, progettare un’abitazione non vuol dire imporne il modo di vivere ma lasciar libero ognuno di viverla. L’abitazione, il museo, la scuola, la piazza non sono limiti, sono occasioni, sono gli spazi che concedono la pratica della libertà.