Mario Giacomelli è autore di una visione personalissima, non catalogabile all’interno di nessuna corrente fotografica.

Mario Giacomelli nasce a Senigallia nel 1925, il lavoro in tipografia, iniziato da giovanissimo, influenzerà tutto il suo lavoro di fotografo. Fino ai 28 anni, infatti, il lavoro di tipografo è la sua unica occupazione(interrotto solo dalla guerra), finchè nel 1953 non decide di acquistare una macchina fotografica iniziando a fotografare parenti e situazioni quotidiane, finchè nel ’55, dopo aver vinto il suo primo premio in un concorso nazionale, inizia a produrre i suoi primi lavori e riceve le prime pubblicazioni.

La carriera di Giacomelli si dividerà tra paesaggio e reportage, il file rouge che legherà tutti i suoi lavori è la sua estetica influenzata dal lavoro in tipografia; la dimestichezza acquisita in fase di stampa assume un ruolo primario nella sua produzione, i segni che rintraccia nelle sue fotografie vengono accentuati in camera oscura, i suoi lavori sono ricchi di contrasti esasperati, bianchi e neri portati agli estremi, su alcune stampe si riescono a notare delle maschere tanto sperimentali quanto artigianali, effettuate in fase di stampa ponendo le mani tra la luce dell’ingranditore e la carta fotografica (si racconta che in alcune occasioni paghi dei contadini per fare dei segni con i trattori sui campi che desidera fotografare)

Giacomelli

Giacomelli

Giacomelli

Ha una forte competenza tecnica ma la utilizza solo per portare nella sua fotografia dei caratteri quasi astratti, trovando nell’astrazione il suo modo di avvicinarsi alla realtà, per rendere ancora più personale la documentazione di ciò che vede. Il resto non gli interessa, la sua stessa strumentazione è estremamente artigianale, utilizza un banco ottico costruito con pezzi di altre macchine fotografiche e tenuto insieme con lo scotch, non gli interessa avere una vasta gamma di tempi di scatto e diaframmi a disposizione, utilizza una coppia di parametri per i paesaggi, e una coppia per le figure, in varie interviste ha affermato di non ricordare neanche quali, la pellicola utilizzata è quella che gli capita sotto mano. Lo strumento davvero importante, afferma, sono i suoi occhi: “uno strumento per prendere, per rubare, per immagazzinare cose che vengono poi intrise e rimesse fuori, per gli occhi degli altri.”

Giacomelli
Mario Giacomelli nella sua camera oscura

Tra i lavori di Giacomelli vanno ricordate sicuramente le serie Verrà la morte e avrà i tuoi occhi e Scanno.
La prima è una documentazione sulle condizioni di vita all’interno di un ospizio, dove la sua estetica cruda si sposa con la durezza della situazione, in questo caso utilizza anche un lampo per creare una luce più dura ed aggiungere “cattiveria alla cattiveria di chi ha creato il mondo, di chi ci fa invecchiare”. Il secondo lavoro invece è la documentazione di un paesino abruzzese, Scanno, e contiene uno dei suoi scatti più famosi: Il ragazzo di Scanno. Anche qui il suo segno è riconoscibilissimo nei suoi bianchi e neri estremi.

Giacomelli
Il bambino di Scanno
Giacomelli
Scanno
Giacomelli
Scanno
Giacomelli
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi
Giacomelli
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi
Giacomelli
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi

“Io credo all’astrattismo, per me l’astrazione è un modo di avvicinarsi ancora di più alla realtà. Non mi interessa tanto documentare quello che accade, quanto passare dentro a quello che accade.”