Retropose boutique sorge in via del Pellegrino 60, uno spazio unico nel suo genere dove l’antico e nostalgico sapore delle lavorazioni artigianali si combina e fonde perfettamente con i tagli moderni, lineari ma ricercati delle loro creazioni, generando così un luogo che ricorda gli spazi industriali espositivi dei giovani designer berlinesi, ma calata in una realtà romana e con la qualità che solo il made in italy può offrire. «Inizialmente ci siamo conosciute in accademia, entrambe infatti abbiamo frequentato l’Accademia di Costume e Moda, poi i nostri percorsi si sono divisi fino a quando ci siamo ritrovate anni dopo, decidendo così di mettere insieme le nostre energie e formare un duo creativo. La nostra amicizia è nata dopo, lavorando una accanto all’altra e superando insieme gli ostacoli, è così che ci siamo veramente conosciute l’un l’altra».

«Abbiamo deciso di aprire il negozio dopo il successo avuto dopo aver presentato la prima colazione, “inlinea”. Collezione di lancio del marchio che abbiamo inserito sul mercato con un evento nella mia abitazione» spiega Federica, «Nel corso della serata oltre ad aver avuto ottime critiche siamo riuscite a vendere l’intera collezione».

Quello che contraddistingue ogni singolo modello è l’estrema unicità, data dalla limitatezza dei pezzi prodotti, l’attenzione per i dettagli, merito del lavoro eseguito a mano, e la qualità dei pellami utilizzati.

«Oggi siamo giunti alla terza collezione» continua Giulia, «ed ognuna di queste è composta da dieci modelli, ciascuno dei quali declinabile in tre diverse tonalità».

Oltre alla piccola produzione tipica delle botteghe artigiane, altre caratteristiche che avvicinano il negozio a queste, è il legame che si viene a creare con il compratore. Difatti così facendo si abbatte la tendenza al fast fashion e si induce il cliente a venire in negozio più volte, ad osservare dal vivo i modelli, essere consigliato nella scelta di una tonalità e ad instaurare un rapporto unico, diretto, quello tra produttore e consumatore, senza intermediari. Da sottolineare che ovviamente la tipologia di clientela che sa apprezzare prodotti di tale virtù è ben ristretta, una clientela di nicchia che tuttavia rimane affezionata sin da subito al luogo.

E’ bene stabilire che non è un laboratorio artigianale e ciò che viene prodotto e venduto sono solamente gli accessori creati direttamente dalle due designer.

Entrambi menti creative, Federica e Giulia studiano insieme i punti cardine della collezione,   la prima cura di persona i bozzetti dei nuovi modelli, mentre Giulia predilige occuparsi dei prototipi e della parte gestionale dell’attività.

La gestione del negozio e tutto l’apparato burocratico che vi si cela è stata ed è la parte che ha creato maggiori difficoltà per l’avvio dell’attività, poiché sono aspetti che non rientrano nei piani di studi accademici e che si apprendono sul campo in prima persona.

«Ogni collezione segue il classico processo creativo, ma più che sviluppare una vera e propria ispirazione a cambiare in maniera decisiva sono le tonalità di colore che proponiamo per i singoli modelli di stagione in stagione. E’ importante mantenere limitato il numero di ogni collezione per far si che resti intatta la realtà e la produzione artigianale, e per poter garantire una dedizione migliore al prodotto».

Nonostante le piccole soddisfazioni che in un anno e mezzo Giulia e Federica hanno conquistato, come aver esposto durante la settimana dell’Alta moda romana ne corso dell’evento Room Service ed durante la Fashion Week di Milano in fiera al White, sono due donne determinate e con i piedi per terra che non si limitano a sognare ma a costruirsi il proprio futuro lentamente, ma su base solide. A mio dire è anche la scelta di avere un negozio, e di dover rendere conto a quello che implica stare dietro a tale attività, che permette loro di fare passi più ponderati.

E se c’è qualcosa su cui si trovano perfettamente in accordo riguarda la situazione dei giovani creativi in Italia.

«Fondamentalmente si parla molto di aiutare i giovani ad emergere e a dargli visibilità, attraverso concorsi e simili, ma restano per la maggior parte delle volte solo parole. Il vero aiuto, quello che deriverebbe da finanziamenti economici per nuove imprese, nessuno lo fornisce, e ci si ritrova a doversi autofinanziare. Così come la burocrazia che in italia a causa della sua lentezza frena le giovani e nuove imprese».