Queste giornate di quarantena sono un’occasione unica per guardare quanti più film possibile.

Se in queste giornate di quarantena non dovete lavorare, neanche in smart working, e avete molto molto tempo per voi stessi (probabilmente è perché siete dei lavoratori autonomi e non avete il coraggio di controllare il vostro saldo in banca, come me, ma questo è tutto un altro discorso), potete decidere di investire buona parte di questo tempo in qualcosa di costruttivo, come guardare un film.
Ecco un elenco personalissimo – che proprio perché personalissimo è anche opinabile, quindi sentitevi liberi di essere in disaccordo –  dei migliori film da guardare in quarantena:

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Il sacrificio del cervo sacro – Yorgos Lanthimos
Altro esempio di famiglia disfunzionale, dallo stesso regista: Kynodontas

Per molte persone le restrizioni adottate dal governo si tramutano in un contatto più costante con la propria famiglia; uno dei registi che maggiormente, in tempi recenti, ha affrontato il tema della famiglia e delle relazioni è il greco Yorgos Lanthimos. La famiglia de Il sacrificio del cervo sacro è una famiglia apparentemente perfetta, genitori benestanti, con un buon lavoro, figli ben educati, ma un elemento esterno verrà a turbare questa perfezione solo esteriore in una storia che il regista greco racconta con una maestria stupefacente. Ogni elemento sembra occupare l’esatta posizione per essere il più possibile funzionale allo stato d’animo che la storia vuole trasmettere, la regia, la fotografia, la musica e la recitazione diventano strumenti perfetti per la creazione di questo stato di tensione che dura nell’attesa di una svolta che narrativamente tarda a venire.

Il bello è che tutto questo è già chiaro dalla scena iniziale, senza che questa dica nulla della storia. Una carrellata ad uscire su di un’operazione a cuore aperto, accompagnata dalla Stabat Mater di Schubert.
Questa scena da sola vale il prezzo del biglietto:


Amour – Michael Haneke
Caldamente consigliato insieme ad Happy end, è per certi versi il sequel di Amour

Un altro film che parla di famiglia, anche se qui parliamo di una famiglia avanti con l’età; i protagonisti sono due anziani, ex insegnanti di musica, che vivono una vita piuttosto serena fino all’evento che cambierà le loro vite – spoiler alert, ma neanche troppo perché succede ad inizio film -, Annes viene colpita da un ictus e insieme al marito Georges dovrà affrontare la malattia che la paralizza e la umilia.
Amour è un film che racconta la malattia con una delicatezza e una raffinatezza senza pari, che parla dell’amore tra due persone senza essere mai melenso, riservando allo spettatore un racconto dolce e spietato allo stesso tempo.
Come se non bastasse il cast è di tutto rispetto; Emmanuelle Riva e Jean-Luis Trintignant sono i due anziani, ed una grande Isabelle Huppert la loro figlia. Gli attori abitano una storia raccontata (giustamente) con lentezza, scene dal forte simbolismo e dialoghi sopraffini.
Amour è un film da cui è impossibile non sentirsi coinvolti, da guardare insieme a qualcuno davanti al quale non si ha vergogna di piangere.


Nostalghia – Andrej Tarkosvkij
Da vedere insieme a Tempo di viaggio, documentario diretto da Tarkovskij e Tonino Guerra, in cui i due viaggiano per l’Italia alla scoperta dei luoghi in cui verrà girato il film.

Nostalghia è un film, per molti versi autobiografico, del grande regista sovietico, che con la sua patria ha avuto molti problemi; esule dall’Unione Sovietica, il cui regime impedì per molti anni al figlio di uscire dal paese per ricongiungersi col padre a Firenze, dove si era stabilito.
Il poeta Andrei, protagonista del film, si trova in viaggio in Italia, tra la Val D’Orcia e le campagne senesi, e la nostalgia da cui deriva il titolo è la forte nostalgia del protagonista per la casa e gli affetti. Il rapporto con le proprie origini è centrale nel film e porta il poeta Andrei (alter ego dell’autore Andrej) a scavare nel dolore che, su più livelli, questo percorso a ritroso comporta in chi è lontano da casa e dai luoghi dell’infanzia, e a confrontarsi con un personaggio fondamentale del film, Domenico, considerato il matto del paese per aver tenuto chiuso in casa la sua famiglia per 7 anni, oltre che con gli ambienti, rappresentati spesso da rovine ed edifici diroccati, luoghi incompleti come incompleto è l’uomo costretto lontano dai suoi di luoghi.
Da guardare anche per le location stupende, tra cui Bagno Vignoni e l’Abbazia di San Galgano.


Parasite – Bong Joon-Ho
Ma anche Snowpiercer, per i pessimisti che si aspettano un mondo post-apocalittico a fine pandemia.

Parliamo del film dell’anno, vincitore della Palma d’oro a Cannes e di 4 Oscar, tra cui miglior film.
In Parasite la casa è importante tanto quanto un personaggio, sia come simbolo di una posizione sociale, sia come luogo dove tutto si svolge. Il film di Bong Joon-Ho si destreggia fra più generi, dalla commedia nera, all’horror, alla satira sociale, lasciando attraversare tutto il film da una lotta di classe dove nessuno è veramente cattivo e nessuno è del tutto buono.
La regia sottolinea con sapienza le differenze sociali tra le due famiglie, la narrazione si presta a continui ribaltamenti che mettono in luce le contraddizioni della società odierna e del capitalismo. Tematica cara al regista Sud Coreano che, nonostante ambienti il film in un paese molto lontano da noi occidentali per usi e costumi, riesce a parlare ad un pubblico molto più vasto.


La moustache Emmanuel Carrère

Per chi pensa di impazzire chiuso in casa e per chi pensa che, in fondo, non uscire per un po’ sia solo un piccolo cambiamento; La moustache (brutalmente tradotto in italiano come L’amore sospetto) parla di un uomo che si prepara ad affrontare un minuscolo cambiamento che gli stravolgerà la vita.
“Che ne diresti se mi tagliassi i baffi?”. La domanda che Marc pone a sua moglie Agnés, ad inizio film. Così Marc taglia i baffi che porta da sempre, o almeno crede di portare da sempre, perché Agnès non solo non si accorge del cambiamento, ma pare non ricordare che suo marito portasse i baffi.
Questa rivoluzione nel mondo perfetto e lineare di Marc porta alla distruzione del mondo stesso e l’uomo verso la follia, in una sua personalissima guerra per un riconoscimento esterno dell’esistenza dei suoi baffi ormai andati.
Una storia grottesca e surreale che oggi sembra dirci che ognuno combatte le sue guerre, per quanto insignificanti possano sembrare, e che va bene soffrire per una richiesta semplice come quella di rimanere sul divano, un cambiamento che per molti sembra poco rilevante ma per altrettanti non lo è affatto, né a livello pratico né a livello psicologico.



Pierrot le fou – Jean-Luc Godard
Ma anche Il disprezzo, anche solo per poter vedere gli interni meravigliosi di Villa Malaparte a Capri, dove è stato girato.

Uno dei film più conosciuti di Jean-Luc Godard, il cineasta francese protagonista della Nouvelle Vague.
Racconta la storia di Ferdinand e Marianne, lui professore di spagnolo in fuga dalla moglie, lei criminale legata al traffico di armi, coinvolge lui in un intreccio delittuoso che li porterà a una fuga rocambolesca.
Il cinema è sempre stato il luogo della sperimentazione per Godard e, anche qui, la storia si svolge tra riflessioni sul linguaggio cinematografico, jump cut e attori che rompono la quarta parete parlando in camera, rivolgendosi allo spettatore, e porta i protagonisti in una apparente dimensione serena, in una casa isolata in riva al mare. Ma l’isolamento forzato non è semplice e l’immagine di Anna Karina che vaga sulla spiaggia ripetendo “Qu’est-ce que je peux faire? Je sais pas quoi faire!” (“Cosa posso fare? Non so cosa fare”) ricorda qualche momento di queste giornate di quarantena.
Pierrot le fou è uno dei film simbolo di Godard, ci sono tutti i tratti che contraddistinguono il suo primo periodo, una storia rocambolesca, il montaggio rivoluzionario per l’epoca, i riferimenti pittorici, la politica, con le incursioni nella trama di eventi legati alla guerra d’Algeria, e ovviamente una riflessione sul cinema, che fa pronunciare a Samuel Fuller, in una scena in cui tutti i presenti parlano attraverso frasi prese dalle pubblicità: “Il cinema è come un campo di battaglia: amore, odio, azione, violenza, morte. In una parola: emozione”.