Cos’è la bellezza? Un quesito che negli anni ha generato molteplici soluzioni, diverse teorie e affermazioni artistico-architettoniche.

La bellezza nasce come creatrice di equilibrio, pacatezza ed inquietudine. Arriva, nel contemporaneo, a traguardare un significato di spettacolarità, d’insolito e di ghettizzazione della società, suddivisa in gruppi d’individui che condividono la stessa “bella estetica”.
Attraverso la storia e l’attualità si possono riassumere, tra le infinite, cinque macro categorie di risposta.

La bellezza come canone della perfezione

Il canone classico diviene fondamento dell’arte e dell’architettura antica, in particolare quella greca. La bellezza si tramuta in perfezione, soddisfazione di numeri e regole imposte. Il canone ha come obiettivo, soprattutto nella sfera architettonica, il celebrare la superiorità del divino sull’umano. Il bello diventa grande, smisurato, sovraumano e celestiale.
Nel rinascimento torna lo splendore, ma unito alla scienza – si pensi alla città ideale conservata ad Urbino – che ha come obiettivo il dominio della razionalità in risposta alla decadente bellezza medioevale.

Bellezza del canone razionale: La città ideale, Galleria Nazionale delle Marche, Urbino.
Bellezza del canone razionale rinascimentale: La città ideale, Galleria Nazionale delle Marche, Urbino.

La bellezza come dramma

Tipica dei quadri del Caravaggio e di tutta la produzione barocca. La bellezza diviene azione, dramma nel tenebrismo chiaroscurale. Tra luce e buio si instaura un forte pathos che spinge, oltre la perfezione stilistica, ad un viaggio nell’io interiore. La bellezza diviene teatrale in contrasto al dominio estetico-razionale. Con il Romanticismo torna la concezione sovraumana dello splendore. Non è più il divino a generare bellezza ma la Natura. Quest’ultima si drammatizza come azione d’impotenza dell’uomo dinanzi ad essa. Dall’esaltazione dell’ombra, della scena delimitata, si passa all’esteso, al naturale, alla bellezza d’infinita azione sull’uomo.

Bellezza dell'inquietitudine: Il viandante sul mare di nebbia, Caspar David Friedrich, olio su tela, 95x75cm, 1818, Hamburger Kunsthalle
Bellezza Romantica dell’inquietudine: Il viandante sul mare di nebbia, Caspar David Friedrich, olio su tela, 95x75cm, 1818, Hamburger Kunsthalle

La bellezza come consumo popolare

La bellezza diventa schiava del consumismo, vittima sacrificale. Perde l’aspetto sentimentale, razionale e solcato nel profondo umano. Torna così la magnificenza dell’esteriorità. Negli anni ’50 e ’60 la Pop Art si occupa proprio di questo aspetto, della riproduzione di quell’immagine tanto cara al “popolo”. Un lavoro di esaltazione che cela una forte ironia e derisione di quell’estetica fragile e, a tratti, frivola. Si passa dall’esaltazione della filosofia e della psicologia al mito dell’apparenza.
Il marketing tesse la tela della bellezza, ne definisce i contorni e i margini d’azione. L’uomo viene spostato in secondo piano rispetto al consumo e all’azione mediatica che un progetto potrebbe suscitare. Nella realtà odierna lo spettacolare, smisurato e memorabile torna a solcare l’idea di bellezza, a discapito dell’equilibrio che essa dovrebbe suscitare nell’uomo.

Bellezza come consumo: Andy Warhol. Brillo Soap Pads Boxes, 1964
Bellezza come consumo: Andy Warhol. Brillo Soap Pads Boxes, 1964

La bellezza come diritto primario

I diritti rendono l’uomo felice. La bellezza è un diritto. La partecipazione attiva dell’uomo alla sua configurazione ne celebra la pretesa e ne nobilita l’azione progettuale. La bellezza diviene un fine e non un qualcosa definito apriori. Una società necessita d’equilibrio e dunque di azioni pensate per l’uomo. Diviene sinonimo d’utilità e non di sovrastruttura. In Architettura si passa alla progettazione dell’housing sociale che impone la felicità vitale come fine ultimo. Il popolare e il “bello perché vende” lascia spazio all’utile. Si torna allo scopo primario: la felicità e l’equilibrio.

Villaggio Olimpico Vittorio Cafiero, Adalberto Libera, Amedeo Luccichenti, Vincenzo Monaco, Luigi Moretti
Bellezza come diritto: Villaggio Olimpico
Vittorio Cafiero, Adalberto Libera, Amedeo Luccichenti, Vincenzo Monaco, Luigi Moretti, Roma

La bellezza come atto di ribellione

Oggi assistiamo ad una bellezza che celebra l’imperfezione, contrasta l’estetica della perfezione borghese. Una bellezza che diviene atto di ribellione contro il canone e il mondo classico – pensiamo alla produzione artistica di Robert Mapplethorpe che crea una nuova antichità in risposta all’apparenza casta e pura – e che ne esalta l’aspetto personale, individuale. Un voler rompere gli schemi perché non propri. L’uomo torna al centro dell’idea di armonia, ma non è l’uomo razionale dei rinascimentali o l’uomo inquieto dei romantici, è un uomo mutato e consapevole. La bruttezza esalta la bellezza. La società si frantuma in sette di esteti. L’arte e l’architettura, insieme alla musica e alla letteratura, generano gruppi d’individui che condividono le stesse passioni e la stessa idea di bello, non come pura apparenza. Il vissuto codifica e non la ragione. L’imperfezione è bella però lo strano, col tempo, annoia.

Robert Mapplethorpe Arnold Schwarzenegger 1976, printed 2005 Photograph on paper 341 x 341 mm
Bellezza come canone contemporaneo di ribellione alla castità : Robert Mapplethorpe, Arnold Schwarzenegger, 1976

 

Cos’è la bellezza? È l’uomo
Cos’è la bellezza? È la perdita dei canoni
Cos’è la bellezza? È ribellione