Ho cercato il mare. L’ho cercato per tutto un inverno stanco e durante una primavera dura a fiorire.

L’ho cercato nell’acqua di colonia che da sempre abita uno spazio solo suo, sul comò di legno intarsiato a casa dei nonni, coi cassetti con le cerniere arrugginite che si fanno aprire solo da chi li conosce bene. L’ho cercato nel rumore dei fuochi accesi nei bracieri delle case in campagna e nei ventoloni fuori dai supermercati e in tutte le altre cose che, come il mare, suonano un suono continuo e instancabile che si sente solo se lo si ascolta. Ho cercato il mare nei mattini di tachicardia e nei conati di vomito sazi di niente. L’ho cercato in una stanza satura di oggetti inutili, nature morte di panni e riviste e in un autobus pieno di persone in direzione Piazza Venezia.

Oggi ho cercato ancora il mare battendo un asfalto arreso al caldo soffocante dei giorni di agosto e l’ho cercato più forte quando ho iniziato a sentirlo vicino, negli aghi di pino salati che, caduti a terra, disegnano un sentiero irregolare. Poi ho incontrato il mare.

Ho incontrato il mare e il mare mi stava aspettando. Ho incontrato un mare nuovo, un paesaggio vergine ai miei occhi, eppure così familiare, cosi vicino, così presente per me, in attesa di me. Gli sono andato in contro e senza pretendere un’immediata confidenza, prima di toccarlo, mi sono seduto davanti a lui. È un eterno primo appuntamento in cui l’esperienza di altri mille passati, il ricordo di primi appuntamenti già consumati, non basta a rendere questo meno primo dei precedenti. Il mare mi ha aspettato per tutto un inverno stanco e durante una primavera dura a fiorire. Perchè mi aspetti, mare? Che cosa ti aspetti?

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Ho guardato il mare. Come sei bello, mare. Ho guardato il mare e il mare mi ha guardato per tutto il tempo. Senza dirci nulla, io e il mare, ci siamo solo guardati. Lui sa. Il mare sa. Come fai a sapere, mare? Come sai? Perchè mi conosci così? Forse sono io stesso mare, sono io stesso acqua. Perchè allora ho tutta questa sete?
Ho guardato il mare e il suo ripetersi di onde che, tendendosi, si distendono verso il mio corpo fermo di fronte a loro.
Ho guardato il mare e dentro ci ho visto tutto: le notti, ferme fuori e in perpetuo movimento dentro, il vuoto delle strade deserte nei mesi interminabili che ci hanno voluti chiusi dentro casa, i rumori di fondo a disturbare la ricerca del silenzio.

Ho toccato il mare. Mi sono alzato e ho assecondato la danza dell’acqua che mi chiamava a sé e mi sono lasciato bagnare.

Sono nel mare, sono mare.

Sott’acqua finchè resisto. Battesimo di rinascita, immersione ed emersione per ricordarmi che se qualcosa esiste, esiste anche il suo contrario. Esiste stare sotto perchè esiste un sopra, esiste stare dentro perchè esiste un fuori. Si può annegare perchè si può anche essere salvi.