“È ora di restituire valore al lavoro fatto con le mani o con il cervello, ma sempre con perizia artigianale.” 

Era la fine dell’800 quando prese piede il movimento artistico delle Arts and Crafts in Gran Bretagna per contrastare l’industrializzazione, eppure questa è una frase di Richard Sennett ne “L’uomo Artigiano” del 2008. Il tempo passa, l’industrializzazione va avanti e porta in auge l’era delle automazioni eppure l’uomo, che sin dall’infanzia tende a conoscere la materia attraverso l’esperienza tattile, sembra sempre destinato a tornare ad assecondare l’innata connessione che c’è tra mente e mano, teoria e pratica, ideazione e costruzione. 

Daniele ha 29 anni, è un artigiano e nel 2017 fonda Unikolab. Nella vita progetta e realizza complementi d’arredo ed accessori per la casa nel suo laboratorio a Palombara Sabina in provincia di Roma. 

Perché ti definisci più artigiano che designer? 

Non mi piace definirmi designer perchè, se lo traduci, significa progettista poiché crea progetti in teoria e non sempre ha il ruolo di chi li mette in pratica. Per questo mi definisco prettamente artigiano proprio per sottolineare il fatto che mi occupo sia della progettazione che della realizzazione. 

Come nasce Unikolab? 

Dopo essermi laureato alla triennale di Disegno Industriale alla facoltà di Architettura dell’Università La Sapienza, ho dovuto fare una scelta: continuare a studiare o già assecondare la mia passione del “fai da te”. A dirla tutta tornando indietro, a prima della laurea, forse avrei comunque scelto di intraprendere questa attività ma studiando ho potuto imparare prima i principi base della progettazione. Così prima ancora dell’idea di cosa fare, sono partito da uno spazio che avevo a disposizione: il vecchio laboratorio da sarto di mio nonno. Di qui per il primo anno ho iniziato a sperimentare, a fare piccoli progetti per imparare a costruire, e studiare le diverse macchine di lavorazione di alcuni materiali. Dopo il primo anno, ho iniziato a mettere in vendita i primi prodotti. Mio zio possedeva due officine metalmeccaniche, infatti è stato lui ad insegnarmi molte cose sulla lavorazione di alcuni metalli come il ferro, l’ottone e l’acciaio ed è per questo che all’inizio realizzavo solo lampade. Pensavo di specializzarmi solo su questo, ma poi ho iniziato a sperimentare da solo, lavorando con il legno, e così ho abbandonato l’idea di focalizzarmi solo su un’unica cosa. Il legno lo trovo molto più intuitivo e semplice da lavorare anche con pochi strumenti. Basta poco. Penso che un buon progetto in legno, non deve per forza essere un mobile gigante ma anche un piccolo e semplice oggetto per la casa. 

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Come sei passato dalla realizzazione alla vendita? 

Vendo i miei prodotti online per una questione sia economica che per la possibilità di poter arrivare ad una clientela più vasta. Il 90% di quello che produco infatti lo vendo all’estero. Pensa che nel mio laboratorio ho appeso una mappa sulla quale appunto uno spillo tutte le volte che vendo qualcosa in un posto nuovo. È una grossa soddisfazione vedere tutti quegli spilli sparsi per l’Europa, l’America e l’Australia. Ormai l’online è il presente ed il futuro anche se non escludo un giorno di poter aprire anche un negozio fisico. 

Hai mai partecipato a Fiere dell’artigianato? 

La prima volta in assoluto che ho partecipato ad un mercato è stata al Mercato Monti, poi ho partecipato due volte al Vintage Market e a tre edizioni del Wave Market Fair. Dovevo partecipare alla quarta edizione a marzo ma ovviamente è stata rimandata. 

In generale sui mercati bisogna lavorarci parecchio, ovviamente le prime volte se non sei fortunato o non sei capace a vendere, non ti va bene, perché per mia esperienza personale ho dovuto capire piano piano tante dinamiche. All’inizio alcuni prodotti particolari che portavo non venivano compresi subito dal pubblico, come ad esempio i miei quadri in legno riciclato o il poggiacasco. Quindi all’inizio è stato difficile adattarsi e capire come presentare al meglio i prodotti per essere compresi, ma soprattutto migliorarsi come persona e venditore. Io ad esempio sono totalmente non un venditore, proprio zero. All’inizio per me avere un approccio diretto con il pubblico significava andare un po’ in confusione, mi chiudevo e non riuscivo a spiegarmi bene. Quello dei mercati, infatti, è un percorso lungo e di crescita dove non puoi pensare di realizzare all’istante il 100% di entrata della quota partecipativa. L’importante è trovare il mercato giusto, infatti a lungo andare, prendendo parte ad altre iniziative come il Vintage Market mi sono reso conto che un target di acquirenti, amante dei vinili e abiti vintage a buon prezzo, non era poi così adatto a me. Unikolab ha uno stile moderno, un po’ più ricercato, infatti il Wave Market Fair è il migliore, è proprio lì che ho notato che il mio progetto affiancato a quelli degli altri, faceva parte di un tutto che funziona insieme. 

Ti è capitato di collaborare con altri artigiani/aziende? 

Quello dell’artigiano è un lavoro molto solitario perché stai da solo nel tuo laboratorio con i tuoi progetti e le tue idee e non hai influenze da parte di altre persone, a parte il cliente che può avere specificate richieste, sei sempre tu che prendi tutte le decisioni. Lavorare con altre persone, invece, ti apre a nuove idee e ti dà la possibilità di condividere progetti. Al momento sto collaborando con una ragazza che lavora con la ceramica. Lei si chiama Beatrice Minuto e la sua pagina si chiama Arbanella_art. Stiamo progettando dei prodotti di cui io realizzerò una parte in legno. Un’idea già realizzata è quella di un corredo con vassoio- portaspezie e vassoio-tazzine. Ho collaborato anche con gli architetti di Genesys Architects. Ma in quel caso il mio intervento è stato puramente tecnico di realizzazione del loro progetto. Si trattava di una postazione barbecue per balcone ed io mi sono occupato del piano d’appoggio per gli elettrodomestici: un unico pezzo composto da tubolari in ferro e lamiera piegata. 

La tua quarantena? 

Sono sicuramente stato più fortunato di altri poiché ho il laboratorio praticamente sotto casa. Quindi ho potuto continuare a lavorare, sperimentare e fare cose nuove. Devo dire che ho fatto un sacco di cose. A dicembre mi ero comprato dei coltelli per intagliare, che ancora non avevo usato, così grazie alla quarantena, ho iniziato a lavorarci e adesso sto realizzando cucchiai e vari accessori per la cucina, ovviamente sempre in legno. Un giorno mi ha contattato la pagina instagram Real_ta_daan che stava chiedendo a vari artigiani provenienti da ogni parte del mondo dei video Fai da te per creare un progetto sulla loro pagina chiamato CRAFT THERAPY. Io ho proposto un mini-tavolo da ping pong. L’idea mi è sembrata divertente dal momento che il ping pong in realtà prevede la presenza di due giocatori, mentre io spiego come in quarantena puoi costruire un mini tavolo da ping pong e giocarci da solo. 

Sempre perché mi piace sperimentare e spaziare nel campo dei materiali, ho creato per me un portafogli in cuoio e ricamato magliette. Non sono mai stato fermo quindi si può dire che sono proprio i momenti tristi o sbagliati che ti fanno lavorare meglio e ti danno quell’emozione in più che può essere riversata nel progetto. Il mio consiglio per i creativi del domani è: mai fermarsi ma creare sempre.

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