Intervista a Tellas inserita nella mostra Riscatti di Città presso Palazzo Merulana.

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Come definiresti la tua pratica artistica? Come dialoga con il territorio?    

Il mio lavoro è una continua osservazione di quello che succede nel paesaggio. Parlo del paesaggio naturale , e di come dialoga con quello artificiale.
Osservo i suoi continui cambiamenti, e di conseguenza anche il mio lavoro cambia col tempo che scorre.
Mi piace definire il mio lavoro come un costante studio, un percorso. Dove ogni lavoro, o serie di lavori si conclude con un periodo della mia vita.

Che rapporto si crea tra l’arte urbana e la rigenerazione? 

Sinceramente ho sempre considerato l’arte pubblica come qualcosa di potente, che in qualche modo può mutare l’estetica di una città, di un quartiere. Ci sono ormai tanti esempi di quartieri completamente dipinti.
Ma quello che credo è che il compito principale in tutto ciò ce l’abbia l’architettura.
E’ quella, che in primis può cambiare il modo di vivere delle persone.

Rispetto alla tua attività nel corso degli anni quali cambiamenti hai percepito a Roma da un punto di vista sociale e culturale? 

Ho conosciuto meglio Roma intorno al 2011-2012 quando il fenomeno dei festival e del muralismo, con le varie associazioni e gallerie, ha avuto come uno scatto improvviso.
Credo che in quegli anni, fino al 2016 circa, sia stata una delle città più dipinte nel mondo.

Come si pone Roma nello scenario contemporaneo della street art? 

Che prospettive vedi per questo ambito? Come si evolverà la street art e la riqualificazione degli spazi?

Sinceramente non so come si evolverà. Muri da dipingere ce ne sono sempre tanti.
Forse scenderà l’hype che col tempo si è andato a creare o forse sta già scendendo.
Ma vedo comunque che gli artisti continuano lavorare, e se dovesse succedere, secondo me continueranno a farlo senza appoggio di amministrazioni o associazioni culturali.
Come d’altronde si faceva all’inizio che scoppiasse questo fenomeno.

In copertina: Herbarium – Tellas – 2019 – Via dell’Acqua Bullicante
Foto di Simone Galli

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