La fine di una storia è sempre brutta per tutti, ma se fosse brutto anche l’inizio?

La settimana scorsa, a cena con amici tra risate, sigarette e piatti vuoti ci siamo ritrovati a parlare di primi appuntamenti ed è lì che mi sono chiesta : quanti primi pessimi appuntamenti si possono avere in una vita?

A quanto pare io ne ho avuti parecchi.

Ho sempre pensato che nulla accade per caso, che c’è sempre un motivo per il quale s’incontri una persona piuttosto che un’altra, che sia sempre bello condividere, parlare, confrontarsi, passare del tempo con un perfetto sconosciuto e magari scoprire che sia solo perfetto e non più così sconosciuto.

Proprio per questo motivo ho collezionato molti primi appuntamenti, ma quasi mai secondi.

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Eugenio – Basita

Primo anno di università, si studia sul prato della facoltà perché finire fuori corso è un’idea che ancora neanche ti sfiora. “Vi va di giocare a carte?” Io odio le carte, gioco solo a burraco perché in Puglia è considerato al pari di uno sport agonistico e mia nonna ci ha sempre tenuto.

L’approccio non era dei migliori ma il ragazzo sembrava interessante, fuorisede, occhiale giusto, vestito giusto, parlava di musica, cinema e infatti il giorno dopo al cinema mi ci porta. Compra i biglietti e dopo venti secondi li perde. Li ricompra. Usciti dal cinema li ritrova nel taschino.

La mattina dopo mi sveglio con diverse chiamate sul cellulare, non conoscevo il numero, di solito se è importante richiamano. Era importante. Rispondo e vengo sommersa da una quantità imbarazzante di insulti.

Era la fidanzata di Eugenio da Napoli che mi minacciava di venire a Roma per spaccarmi la faccia.

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Filippo- Sconcertata

Era bello, bellissimo, così bello da passare sopra al fatto che non fosse proprio un genio. Beviamo, ridiamo, ci raccontiamo. Io tutto, lui no. Aveva un figlio ma si era dimenticato di dirmelo.

Elia- Disgustata

I famosi amici di amici esistono e lui era uno di questi. Ci prendiamo un caffè nel pomeriggio, una cosa informale se non fosse che da lontano lo vedo arrivare in giacca e cravatta. Avrei voluto voltarmi e correre verso la mia macchina ma già aveva alzato la mano per salutarmi, come a dire non puoi, ti ho visto. La giacca era una divisa, autista dell’ Atac, che dopo avermi fatto notare quanto l’università fosse sopravvalutata mi lanciò una frase per me divenuta cult: “ma che studi a fa scusa, vuoi che ti raccomando pe guidà gli auti?” No, grazie .

Luigi – Incredula

Ci conosciamo per caso ad un concerto, tipo brillante, sorprendente, imprevedibile. Usciamo. “Ti dispiace se prima passiamo a fare la spesa per mia nonna?” Col senno di poi mi sarebbe dispiaciuto meno conoscere la nonna anziché lui. Dalle buste tira fuori una bottiglia di coca cola e un pacchetto di Mentos, per vedere se fosse vera la leggenda, è vero. “Vuoi metterti nel carrello?” No, grazie. Presa dallo sconforto ho iniziato a parlare di me, credevo fosse un ottimo ascoltatore fino a quando mi disse: ” Scusa puoi metterti dall’altro lato che da quest’orecchio non ci sento?” Non contento, aveva un’altra sorpresa: Lasergame. Ed ecco perché non amo le sorprese. Era un gioco a squadre, noi eravamo in due e i nostri compagni d’armi avrebbero avuto 12 anni, se solo non me ne fossi andata prima.

Tommaso – Pentita

Io passo a prendere lui, pessimo inizio. “Che lavoro fai? taglio la legna” anacronistico. Lo porto a villa Torlonia, mi propone di farci una corsa, avevo il vestito, ma non l’avrei fatta neanche in tuta. Io fumo, non corro. “Allora scopiamo?” No grazie. Lo lascio a Termini.

Oggi, a 26 anni posso dire che i primi appuntamenti ti formano, ti temprano e soprattutto ti fanno capire cosa stai cercando o, in alcuni casi, cosa non stai cercando. Tornassi indietro rifarei tutto anche solo per riderne così tanto a tavola con gli amici a giurare che è tutto vero.