Ci sono quelli che corrono. E quelli che stanno fermi. Quelli che la vita la prendono in mano. E quelli che si fanno prendere. Ecco quattro personaggi che – tra le pagine – hanno corso.

#1 Qualcuno con cui correre

Ad avere paura siamo capaci tutti, a dirlo in ben pochi. Ma c’è chi lo grida, di avere paura, chi si fa aiutare, chi li vede, i propri limiti. E poi c’è chi si perde. Si perde nel tutto, in se stessi, nella droga, ma ci si perde. E ci si fa salvare. Ma la cosa che conta, sempre, è correre. Andare alla salvazione e riprendersi la propria vita. Correre. E c’è chi salva, che mette la vita da parte per l’altro, continuando a fissare il proprio futuro. E’ così, che si salvi o si venga salvati, si guarda avanti. Se no si cade. E correre poi è difficile.

C’è chi non si sente soffocare in una stanza dopo 50 anni e c’è a chi non basta un’intera nazione.

#2 Siddharta

Per cambiare la propria vita – per correre – non c’è un modo prestabilito. Non esiste un modo giusto e un modo sbagliato. E quindi c’è chi si dispera, chi salva e chi viene salvato, e chi si salva da solo. C’è chi cammina e si scopre, cammina e si salva. E allora non si corre, si cammina e si respira.

Ma dei segreti del fiume, per quest’oggi non vedeva che una cosa sola, tale però da afferrare interamente l’anima sua.
Ecco quel che vedeva: questa acqua correva correva, sempre correva, eppure era sempre lì, era sempre e in ogni tempo la stessa, eppure in ogni istante un’altra!
Oh, chi potesse afferrar questo mistero, comprenderlo!

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#3 Io non ho paura

Essere piccoli ma essere grandi, tanto da saper dominare la situazione. Saper restare calmi, e saper respirare. Perchè c’è chi corre, chi cammina, e chi respira. E sta fermo, senza bisogno di andare avanti per andarci davvero. Alle volte basta, un respiro.

– Io non ho paura di niente, – ho sussurato per farmi coraggio, ma le gambe mi cedevano e una voce nel cervello mi urlava di non andare.

#4 Le nevi del Kilimangiaro (I 49 racconti)

Si corre, si cammina, e si respira. Ma la forza vera, il momento in cui si dimostrano i nostri ideali e la nostra forza, è quando si finisce. Quando si sa che è arrivato “quel” momento. Quello di smettere. Quello di aspettare e basta. Quello di sedersi, fermarsi, interrompersi e aspettare. Che sia con una gamba in gangrena sulle nevi del Kilimangiaro, che sia in qualsiasi altro caso. Si aspetta.

Giaceva immobile e la morte non era con lui. Doveva essere passata da un’altra strada. La morte pedalava in bicicletta, si muoveva silenziosa sul selciato.

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