Come una bambina che gioca con delle formiche, la luce filtrata sotto la lente dei fratelli D’Innocenzo fa terra bruciata intorno a genitori che vogliono ancora essere figli ma che di colpo si ritrovano orfani.

Senza abbandonarsi ai “comfort” che il film di genere assicura, Favolacce (2020) ha i tratti dell’horror. In apparenza le famiglie protagoniste sono una comunità di provincia molto unita: cenano insieme, si scambiano commenti confidenziali e organizzano feste. Ma un filo rosso è man mano sempre più visibile in ogni pasto, parola e regalo che condividono. Qui il soprannaturale “da genere” ristagna nel malessere, nella diffidenza spartita quasi equamente a tutti i nuclei familiari del quartiere. Genitori danneggiano figli con le loro insoddisfazioni ed invidie, ma se per gli adulti le ammaccature vengono continuamente riverniciate da perbenismi e ostentazioni materiali, la prole non regge il peso, tutti i bambini vivono sotto il segno dell’inappropriatezza. Fuori luogo, non meritevoli delle attenzioni dei genitori, il disagio dei giovani di Favolacce viene portato alle estreme conseguenze, in un mondo dove l’eccellenza scolastica non garantisce un avvenire ma, al contrario, porta alla fine.

C’è aria di guerra interna nei villini bifamiliari, eppure nonostante il continuo scherno dei genitori verso i figli, non viene fatta nessuna rivendicazione. Piuttosto la parte debole accumula senza mai lasciarsi andare, covando rancore alla luce del sole, quasi quello fosse il modo migliore per non destare alcun sospetto.

Niente battaglia quindi ma un attacco terroristico, sventato in parte ma finalizzato in altro modo. Un tuono rovinoso che squarcia la pace ipocrita. Anche se parlando di un altro mondo – se non universo -, Moravia scrive riguardo Chronique d’Anna Magdalena Bach (di Straub-Huillet, 1968) che la prima vittima del “terrorismo artistico” deve essere l’artista stesso, e solo in un secondo momento, il suo avversario. Il timore di cui è vittima il terrorista artistico è «non essere abbastanza “puro”, abbastanza “essenziale”, abbastanza “assoluto”». In Favolacce il lavoro di depurazione è svolto in sordina, rendendo il film vuoto di convenevoli narrativi e retaggi psicologici. Siamo alla presenza dei fatti mentre essi accadono, o meglio, quando sono già accaduti. Tramite l’evocazione di eventi già passati i D’Innocenzo compongono il loro registro di primi piani distorti, musiche che rimandano a sensazioni di dolce inquietudine e parole che da canto gioioso diventano urlo strozzato.

Gli autori romani creano un universo ordinario ma estraniante e vuoto, difficile poterlo accostare ad altri film italiani prodotti negli ultimi anni. Tra i possibili echi cinematografici Favolacce è vicino alla corrente dell’estremismo europeo, filone cinematografico a sfondo nichilista che da più di vent’anni infesta il vecchio continente provocando incubi e scaturendo continue repulsioni. A differenza della vera anima della corrente, quella francese del New French Extremity, i D’Innocenzo non sembrano essere interessati ad inorridire lo spettatore attraverso atti espliciti ma piuttosto si dimostrano maestri del fuori campo. La ben presente dose di violenza non si consuma mai davanti agli occhi dello spettatore, anzi le immagini più dure sono stimolate da suggestioni sonore e controcampi che scuotono nel profondo. Come in Favolacce, l’uso del fuori campo è notoriamente usato da Michael Haneke, ma questo non è l’unico rimando al regista austriaco. Di fatto allo stesso modo dei personaggi di Haneke, i protagonisti dei D’Innocenzo sono vittime di una tanto complessa quanto scontata rete di formalità, processo che porta all’alienazione del singolo e alla perdita di umanità.

Favolacce richiama una rigidità societaria presente ne Il Nastro Bianco (2009), condizione che in entrambi i film mette in moto una silenziosa rivolta generazionale. Il film inoltre dimostra affinità con Il Settimo Continente (1989), lungometraggio nel quale i personaggi giungono alla soglia dell’appagamento materiale ma anche di un vuoto abissale, vuoto che li guida verso un inspiegabile gesto estremo.

Eventi come ricordi rivisitati, un narratore fittizio legge le memorie di una misteriosa bambina, e come il diario, le possibili chiavi di lettura del film sono nelle sue mani. Fatti di cronaca nera si intrecciano con le oscure fantasie di un uomo annoiato, parafrasando le riflessioni del narratore stesso, la storia non è nei fatti in sé ma nella sensazione di reticenza che provocano, come se non tutto fosse lì «eppure presente con pesantezza».

Giunti all’apice del film, quello che la narrazione poteva avere di verosimile è ormai neutralizzato da fatti assurdi ed irreali. Ma gli autori ci mettono a portata di un’inquietante verità. Per quanto si è pienamente consci di essere all’interno di una realtà filmica, la conclusione lascia dietro di sé una domanda.
Ritorna un servizio al telegiornale già presentato all’inizio della storia: un infanticidio seguito dal doppio suicidio di due giovani genitori. Impensabile? Mentre suona la Passacaglia della vita di Stefano Landi – “bisogna morire, bisogna morire” – quel fatto riemerge con tutta la sua scomoda autenticità. Il linguaggio dei D’Innocenzo va cercato fra le righe, righe di pagine nero pece che i registi redigono con superba sfrontatezza.

Vincitori dell’orso d’argento per migliore sceneggiatura al festival di Berlino 2020, i gemelli Fabio e Damiano D’Innocenzo portano nelle nostre case il terrore del loro secondo lungometraggio, Favolacce (2020). Dopo La Terra dell’Abbastanza (2018), sempre presentato a Berlino nella sezione Panorama, i registi non riescono a approdare in sala con il loro nuovo film. Questo non per lo scarso potenziale del lungometraggio ma per i tempi difficili in cui noi tutti stiamo vivendo. Favolacce è stato reso disponibile su piattaforme di streaming on demand dall’11 maggio, fatto che da un lato ha sicuramente limitato l’esperienza cinematografica ma dall’altro ha facilitato l’approccio meditativo che il film richiede. Il noleggio online rende possibile una seconda visione al prezzo del biglietto da cinema, ovviamente singolo. Rivedere Favolacce non significa vedere lo stesso film due volte ma è andarne oltre. Aguzzare ed allenare la vista per osservare meglio il quotidiano e da casa, forse, può spingere perfino a riflessioni di maggiore impatto.

Favolacce è disponibile su: CHILI, Google Play, Rakuten TV, CG Digital, Infinity TV, TIMVISION, SKY.

LEGGI ANCHE: Cinema da Quarantena