David Natale è un giovane scenografo casertano di spiccata sensibilità che spazia tra progetti video e teatrali. Appassionato di fotografia naturale, ha incanalato le sue indagini sul rapporto umano nel suo recente corto “What are we becoming”.

David Natale ha 27 anni ed è laureato in scenografia per il cinema e la televisione all’Accademia di Belle Arti di Napoli, un percorso di studi mosso da una passione per il cinema che porta con sé sin da piccolo. Durante gli studi accademici David lavora a molti progetti: corti, video-installazioni e spettacoli teatrali fino a collaborare come scenografo e arredatore al corto scritto e diretto da Stefano Incerti, “Lo Stampatore”. Un’esperienza significativa per il suo percorso, che porta a formarsi e migliorarsi, fino a realizzare così a teatro scenografie originali con il suo gruppo di lavoro.
Nel percorso professionale e personale non poteva mancare la componente della fotografia. Questa, un’altra delle passioni di David Natale: la fotografia della natura. La maestosità, la bellezza, la fascinazione di trovarsi di fronte ai fenomeni sono i temi chiave ricerca personale di David, quasi come un’indagine sensibile ed intima.

David Natale sperimenta e lascia che le sue passioni si contamino, così come le sue riflessioni sulla natura e sull’uomo, realizza così il cortometraggio “What are we becoming”, scritto, diretto, montato e autoprodotto da sé stesso. Il progetto è stato girato a Londra, racconta di un futuro non molto lontano dal nostro e di come il mondo stia cambiando e di come la tecnologia influisca sulle persone. Un mondo che sta perdendo sempre di più l’umanità, sostituita dalle macchine, sempre più veloci, efficienti e perfette. La componente umana sarà di contro sempre più pigra, non proverà mai l’emozione di leggere un libro, di ascoltare un vinile o di realizzare un disegno a mano. “What are we becoming” è un breve cortometraggio, ma nella mente di David Natale è l’inizio di un progetto più grande, in futuro, da realizzare.

Ciao David, parlaci di te: quando ti sei avvicinato al mondo cinematografico e qual è stato il percorso formativo e personale che ti ha guidato fino ad oggi?
Ciao Ginevra, grazie per questa intervista. La passione per il cinema nasce quando ero bambino, avevo forse 4 o 5 anni. Da piccolo guardavo tantissimi film e mi innamoravo sempre di più di queste immagini in movimento, delle storie, dei personaggi. Con il tempo ho desiderato sempre di più di voler lavorare nel mondo cinematografico. Oltre alla passione per il cinema, ho anche la passione per il disegno, quindi ho unito le due passioni iscrivendomi a scenografia per il cinema e la televisione all’Accademia di Belle Arti di Napoli. Qui ho avuto la possibilità di lavorare ad alcuni cortometraggi e spettacoli teatrali. Tra le esperienze più importanti all’Accademia c’è sicuramente quella di aver lavorato al cortometraggio scritto e diretto da Stefano Incerti, Lo Stampatore, perché c’è stato un grande lavoro di scenografia. Costruire e arredare il set è stato molto formativo per me.

Che significato ha per te la comunicazione e la rappresentazione attraverso l’arte cinematografica?
La comunicazione e la rappresentazione sono importantissime per me. Un film può dare dei messaggi molto più forti rispetto ad altri tipi di arte, secondo me. Il solo movimento delle immagini provoca grandi sensazioni allo spettatore, poi grazie al montaggio abbiamo l’elemento comunicante che ci dà una narrazione. Considero il cinema una forza talmente potente in grado di influenzare la società in cui viviamo. Le immagini in movimento possono avere un forte impatto su di noi e sulle nostre vite.

Quanto è importante avere una cultura cinematografica e quanto conta essere consapevoli di sé stessi per realizzare una produzione?
Ho scritto una tesi di laurea intitolata “Pionieri, innovatori, visionari e rivoluzionari del linguaggio cinematografico” parlando dell’evoluzione del cinema dagli inizi con i Lumière, Méliès, Ejzenštejn, Griffith, Lang e Vertov fino ai grandi come Welles, Kubrick, Godard, Cassavetes, Antonioni, Bertolucci, Buñuel, Fellini, Lynch, Cronenberg, Wenders, Coppola, Fassbinder, Scorsese, Malick, Kitano, Tarantino. Una tesi che ho scelto di fare io, anche andando contro all’inidirizzo che ho scelto e studiato, la scenografia. Quindi ti lascio immaginare quanto è importante per me avere una cultura cinematografica. Avere una cultura cinematografica significa anche avere le basi su cui lavorare a nuove produzioni, perché dai grandi maestri si può solo imparare o perché no omaggiarli. Essere consapevoli di sé stessi per realizzare una produzione è secondo me fondamentale, altrimenti la produzione non partirebbe nemmeno.

Come descriveresti la tua crescita all’interno del mondo della scenografia? In che modo hai affrontato questi studi e dove ti hanno condotto? Qual è la tua visione della scenografia e dello spazio?
Ho sicuramente ancora molto da imparare. Lavorando si acquisiscono sempre più esperienze e si comprende cosa fare e cosa no. Gli studi li ho affrontati cercando di apprendere dai documentari e dai libri sui grandi scenografi della storia del cinema e soprattutto guardando tantissimi film, oltre che dalle esperienze personali. Inoltre, ho imparato ad usare programmi fondamentali per la progettazione come AutoCAD, SketchUp, Photoshop, 3D Studio Max, alcuni anche da autodidatta. Una cosa è certa, non ci si smette mai di imparare e non ci si ferma mai. Penso che senza la scenografia, il film è vuoto. La scenografia, come per la fotografia e la regia, è una parte estremamente fondamentale per la riuscita di un grande lavoro. Una scenografia ben realizzata è secondo me anche uno stimolo e un’immedesimazione in più per l’attore in fase di riprese, percepisce meglio l’ambiente in cui si trova. Non ho una visione specifica. Vedendola anche da regista, penso soprattutto a mettere a proprio agio gli attori in un determinato ambiente.

Quali sono secondo te le competenze necessarie per poter essere un bravo scenografo?
Prima di iscrivermi all’Accademia pensavo che per poter essere un bravo scenografo era necessario saper disegnare e avere delle belle idee. Invece, con il tempo ho capito che non basta. Bisogna conoscere, informarsi, osservare molto, fare ricerche, fare i conti con il budget a disposizione. Molti credono che uno scenografo per essere un bravo scenografo debba fare i disegni a mano. Io penso che non importa che mezzo si usa per realizzare dei bozzetti, dei disegni, dei progetti. Penso che ognuno possa decidere di usare il mezzo che preferisce, che sia una matita o che sia un computer, l’importante è riuscire a trasmettere l’idea e/o ad essere il più fedele possibile allo stile che si deve rappresentare se il film è ambientato in un’epoca diversa. Secondo me sarebbe giusto saper usare entrambi i mezzi, si possono fare tante cose con entrambe. L’importante è sempre l’idea, ma soprattutto una grande ricerca degli arredi, degli elementi architettonici e decorativi e degli ambienti e dei fabbisogni, in base poi anche a quello che è scritto nella sceneggiatura.

Qual è l’importanza della fotografia nel tuo lavoro?
La fotografia è collegata con la regia e la scenografia. È una passione che è sbocciata un po’ tardi, ma che amo profondamente. Penso che uno scatto fotografico o una ripresa sia un frammento di noi, della nostra esistenza, e della magia di immortalare dei momenti che magari la mente potrebbe rimuovere o che non potrebbero mai accadere più. I soggetti delle mie fotografie sono particolarmente incentrate sulla natura, i paesaggi e sull’architettura. Sono affascinato dalla bellezza e dalla grandezza della natura, ma anche dall’artificiosità dell’ingegno umano. È un pensiero fisso che ho anche sui soggetti e sceneggiature che scrivo. Una contemplazione su tutto ciò che ci gira intorno e sulla grandezza di quello che abbiamo.

Hai realizzato, scritto, diretto, montato ed autorprodotto un cortometraggio, “What are we becoming”. Di cosa parla questo tuo lavoro?
“What are we becoming” è ambientato in futuro non lontano dal nostro, in una Londra super tecnologica e all’avanguardia. È la storia di noi, di un mondo che sta cambiando, dell’umanità che scomparirà sempre di più, delle macchine che domineranno il mondo e dell’uomo che diventerà il suo schiavo. Il personaggio principale è uno scrittore che ci scrive attraverso i battiti di una vecchia macchina da scrivere. Lo scrittore è per metà umano e metà macchina, è un uomo che ha vissuto da umano e muore da macchina. Un uomo che pur essendo diventato macchina, non ha mai perso la coscienza e le emozioni che ha provato da umano. Sono molto legato a questo corto, si potrebbe dire che è l’inizio di un lavoro ancor più grande. Questo corto l’ho mandato a molti festival del cinema nel mondo con la speranza di avere anche un po’ di visibilità. È facilmente reperibile su YouTube, lo può vedere chiunque.

Quali sono le difficoltà maggiori che hai incontrato nel tuo percorso e quali sono i tuoi progetti futuri?
Le difficoltà sono molte. Purtroppo il mondo del cinema è un mondo che non dà certezze, oggi lavori e guadagni e domani no. Non è un posto fisso. Ma ciò non mi ferma. Io non smetterò mai di crederci, perché il cinema è la mia vita. È un lavoro in cui bisogna fare tanta tanta gavetta per arrivare ad un certo livello, sono ancora giovane, è una cosa normale trovare le difficoltà ad emergere. È la prassi per tutti i giovani che vogliono lavorare nel mondo dell’arte. L’importante è continuare a lavorare e portare avanti le proprie idee. Proggetti futuri? Non so cosa accadrà da qui a tra qualche mese. Le cose sono in continuo movimento. Attualmente sto scrivendo una nuova sceneggiatura, è quasi completata e non appena arriveranno le belle giornate estive, farò le riprese del mio nuovo corto.

Cosa consiglieresti a chi ha deciso di investire la propria vita e il proprio tempo in passioni come la tua?
Consiglierei sicuramente di non mollare mai, di ascoltare il proprio cuore e di seguire il proprio istinto. Fa bene pure ascoltare i consigli e le opinioni di chi la considera diversamente, ci facciamo un’idea, ma alla fine è giusto che facciamo la nostra scelta finale. Ci sono tanti ostacoli che devono essere superati, è così con tutte le cose, ma non bisogna mai mollare e mai smettere di credere.