Closed – Quando la città che non dorme mai si ferma, non resta che stare a guardare.

La pandemia, lo shutdown improvviso dei negozi. Le avvisaglie di una crisi economica, la perdita dei posti di lavoro e le prime barricate, divenute poi nuovo paesaggio urbano. Un paesaggio mutevole che ha saputo raccogliere e raccontare un momento storico unico e una New York mai vista prima. 

Tommaso Sacconi è un fotografo romano che vive a Brooklyn e che ha vissuto il suo lockdown in costante ricerca ed osservazione degli accadimenti newyorkesi. Un occhio attento che ha saputo restituire le immagini di questi mesi in un ordine narrativo delicato eppure estremamente inconscio, lampante, quasi violento allo stesso tempo.

Tommaso ha camminato per la città, si è  fermato ad osservarla e porta ora anche noi a fermarci un istante, a cercare le storie a cui i suoi grattacieli, le sue cattedrali, hanno assistito. Sono le vetrine di New York a raccontarci tutto, a farci immaginare ogni momento.

Vetrine che sono state protette da scrigni di compensato, barricate inchiodate le une alle altre dalla paura delle reazioni disperate di chi sta vivendo sulla sua pelle questa nuova crisi.

Barricate per proteggere oggetti e beni materiali, per proteggere l’idea di qualcosa di prezioso e che, in effetti, dopo questi mesi potremmo aver compreso non essere poi tanto indispensabile.

Il compensato tagliato perfettamente per coprire la superficie delle vetrine subisce il suo contrappasso. Il fatto di essere un pezzo di segatura compressa che riveste un negozio di lusso, lo fa essere quasi aulico, fin quando non viene sporcato dalla vita vera, da quel che accade per strada e non all’interno della vetrina. 

Colore, ribellione, speranze, sfide. Una storia nuova cambia lo scenario di New York, ci racconta di come siamo passati da un momento sterile e distante dal nostro essere umani, all’istante in cui ci sentiamo tirati in causa proprio perché esseri umani.

Quello che esplode sulle barricate ci riguarda. Non possiamo ignorarle.

Tommaso inizia a fotografare le vetrine sprangate lo scorso 20 marzo. In quei giorni i negozi di alta moda di Soho si preparano al peggio barricando le vetrine, come solitamente si usa fare prima degli uragani.

Seguono i negozi sulla quinta strada. Il Covid-19 ha colpito New York: le statistiche sono drammatiche, la città è deserta e nessuno sa prevedere le tempistiche per la riapertura. 

A fine maggio, con le proteste a seguito della morte di George Floyd per mano della polizia, tutte le attività commerciali corrono al riparo sprangando ogni singola vetrina di Manhattan. La città è irriconoscibile. 

Le vetrine sprangate hanno subito diverse evoluzioni prima di svanire con la riapertura dei negozi. In qualche modo, sono divenute diario di questi mesi. 

Inizialmente legni puliti, non trattati e tutti uguali. Alcune vetrine vengono dipinte a tinta unita, quasi a renderle più eleganti: Louis Vuitton dipinge la sua di arancione, Fendi e Jimmy Choo di nero, Dior di beige.

Nel frattempo, affiorano alcuni disegni e le prime scritte sulla pandemia: Stay home, New York tough, Rent is too high

A fine maggio dei legni vengono divelti e alcune vetrine rotte: sono i primi giorni di proteste. Gli artisti iniziano ad esprimersi sempre più lasciando sui legni traccia del loro operato.

Leggiamo prima messaggi di rabbia verso la polizia e tributi verso le vittime come Say their names, BLM, Defund the Police. Infine, messaggi di speranza: Working for a better future e tante altre espressioni che vengono costantemente coperte da vernice scura.

A oggi, molte attività hanno riaperto ma sono ancora molte le barricate e le scritte che coprono i negozi, indice che in molti non sono riusciti a resistere.